pasolini en clair-obscur
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Pasolini en clair-obscur – L’esposizione al NMNM

Fino al 29 settembre 2024, presso la sede di Villa Sauber del Nouveau Musée National de Monaco, si può ancora visitare la mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini, Pasolini en clair-obscur. A cinquant’anni dalla sua morte, l’impronta dell’artista rimane evidente in molteplici ambiti. Le sue opere continuano a essere oggetto di lettura, citazioni, commenti e adattamenti, influenzando profondamente gli artisti di oggi.
La mostra  si focalizza dapprima su come l’arte classica e contemporanea abbia plasmato l’estetica cinematografica pasoliniana, mettendo in dialogo sequenze di film come Accattone, Teorema e Salò con dipinti di artisti come Pontormo, Pieter Claesz, Giorgio Morandi, Fernand Léger e Francis Bacon.
In una seconda parte l’esposizione passa a illustrare l’eredità lasciata dal regista e scrittore, mostrando come la sua opera abbia influenzato i suoi successori. Sono infatti esposte le opere di circa trenta artisti internazionali che hanno reso omaggio a Pasolini, molti dei quali hanno lavorato direttamente sui materiali cinematografici da lui realizzati.

Ascolta il podcast sulla mostra su Pasolini a Monaco

Pasolini e la pittura

Alla domanda “Qual è la sua qualifica professionale preferita? poeta, romanziere, sceneggiatore, attore, critico o regista?” Pasolini rispose “Nel passaporto scrivo semplicemente: scrittore”.
Questa intervista fu rilasciata da Pasolini pochi giorni prima del suo assassinio, la notte tra il 1º e il  2 novembre 1975 sulla spiaggia di Ostia e mostra l’importanza che la scrittura non ha mai smesso di avere per lui. Tuttavia, è stato come regista che ha raggiunto la fama mondiale. Ed è su questo aspetto del suo lavoro che la mostra si concentra e in particolare sull’influenza dell’arte classica e contemporanea sull’estetica dei suoi film.
Pasolini si riappropria dei dipinti dei grandi maestri in tre modi: riproducendoli sotto forma di tableaux vivants, citandoli attraverso una ripresa della loro composizione, oppure appendendoli alle pareti dei suoi set cinematografici. Il “chiaroscuro” del titolo della mostra rinvia sia alla pittura barocca di Caravaggio e della sua scuola che al bianco e nero di Accattone o di Mamma Roma.

Pasolini

L’influenza di Roberto Longhi

Pasolini è nato a Bologna il 5 marzo 1922 e qui completa i suoi studi. Studente brillante, si iscrive alla Facoltà di Lettere con un anno di anticipo. Tra il 1941 e il 1942 frequenta lo storico dell’arte Roberto Longhi, che ha un’influenza decisiva sul suo approccio alla pittura. Realizzò anche dei ritratti di lui e lo cita in Petrolio, il suo ultimo romanzo incompiuto.
Fu grazie a Longhi che Pasolini scoprì gli artisti del Medioevo e del Rinascimento e qualche anno dopo, Caravaggio. Pasolini era affascinato dalla sua vita e dalla sua opera, entrambe scandalose. I suoi primi due film Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), in bianco e nero ad alto contrasto, richiamano l’estetica chiaroscurale del Merisi. Lo scrittore e regista si spinge fino a inserire in essi citazioni visive di diversi dipinti, tra cui il Bacchino malato e il Ragazzo con un cesto di frutta.

Il Vangelo secondo Matteo 

Per la realizzazione de Il Vangelo secondo Matteo (1964), Pasolini abbandona il realismo plebeo di Caravaggio in favore della sobria sacralità del grande pittore fiorentino del XV secolo Piero della Francesca. Scegliendo Margherita Caruso per interpretare la giovane Maria, Pasolini dà vita alla sua Madonna del Parto. Tuttavia, sostituisce le pesanti tende disegnate da Piero della Francesca con una volta in pietra che corona la sua presenza, in ossequio alla metafora architettonica che designa Maria come dimora che accoglie il Verbo. I costumi dei farisei sono presi in prestito dagli affreschi della Cappella Bacci nella Basilica di San Francesco ad Arezzo. Ma è dal Cristo in preghiera di El Greco che Pasolini si è ispirato per dare vita al Figlio di Dio sullo schermo, creando, secondo Jean-Luc Godard, l’unico Gesù Cristo plausibile della storia del cinema.

La Ricotta

L’esposizione dedica uno spazio a parte a La Ricotta (1963), un cortometraggio di 35 minuti che Pasolini realizzò per un film di sketch intitolato Rogopag (che sta per Rossellini, GOdard, PAsolini e Gregoretti). La scheda introduttiva recita: “Quattro storie di quattro autori che si limitano a raccontare i gioiosi principi della fine del mondo”. In effetti, è proprio la fine del mondo, o meglio la fine di un mondo, che Pasolini mette qui in scena, quello dell’Italia tradizionale e arcaica, impregnata di religiosità. Lo scrittore cineasta, di cui vale la pena ricordare la cultura marxista, è stato uno dei primi a descrivere la dissoluzione di quell’Italia nel consumismo.
Questo film in bianco e nero integra due riprese dal vivo in Technicolor. È una ricreazione di due celebri dipinti manieristi, due Deposizioni della Croce: quella di Rosso Fiorentino, dipinta nel 1521, e quella di Pontormo, dipinta tra il 1526 e il 1528. È la prima volta che Pasolini utilizza in un film il processo Technicolor, mutuato dai film commerciali di Hollywood.

Pasolini

Teorema

Si passa poi a Teorema (1968), che è il film fondamentale attraverso il quale Pasolini rompe sia con il neorealismo che con le citazioni di pittori del passato, per concentrarsi su quelli del suo tempo. In Teorema, la pittura non è più utilizzata solo come riferimento e fonte di ispirazione, ma diventa parte della trama attraverso il personaggio di Pietro, figlio di una famiglia borghese. Dopo l’incontro con l’enigmatico padrone di casa, Pietro segue quella che crede essere una vocazione da artista. I suoi quadri però sono senza valore e rivelano solo che per lui diventare un artista equivale a passare da un conformismo a un altro. Pietro è l’archetipo dell’artista superficiale. Pasolini, invece, trova in Francis Bacon una figura esemplare di grande artista in rivolta. Non solo la sua pittura, spesso sessualizzata, offende il presunto buon gusto, ma la sua stessa vita è scandalosa. Lungi dal condannare tutta l’arte del suo tempo, Pasolini indica dunque in Teorema la strada di ciò che considera vera arte.

Fabio Mauri

Tra gli artisti contemporanei che trovano il suo favore c’è senza dubbio Fabio Mauri (1926-2009). Egli opera per mezzo secolo ai margini dei principali movimenti del suo tempo, dall’Arte Povera alla Transavanguardia. Pasolini e Fabio Mauri si conoscevano fin dall’adolescenza. Dopo essere diventato regista gli offre dei ruoli nei suoi film e in cambio Fabio Mauri lo invita a partecipare a una performance: Intellettuale, che ebbe luogo il 31 maggio 1975 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Come suggerisce il titolo, si trattava di un omaggio a Pasolini, che era diventato a più di 50 anni un intellettuale di fama mondiale.
In una stanza buia, Mauri  proietta sul petto dell’amico il suo film Il Vangelo Secondo Matteo. Lo scrittore diventa così lo schermo vivente del proprio film. Questo può essere visto come un modo per affermare che un artista deve essere impegnato. All’opposto cioè della visione dandy dell’arte per l’arte.
L’installazione Intellettuale di Fabio Mauri Il Vangelo secondo Matteo di/su Pier Paolo Pasolini, 1975 viene ripetuta a Villa sauber tutti i giorni alle 15.

Salò o Le 120 giornate di Sodoma

Infine una sezione è dedicata a Salò o Le 120 giornate di Sodoma(1975). L’opera di De Sade era stata riscoperta all’inizio del ventesimo secolo, esaltata dai surrealisti. Tuttavia, il progetto di Pasolini andava ben oltre l’idea di un adattamento. Il suo obiettivo nel realizzare il film era  quello di dare un giudizio sui costumi sessuali del suo tempo in relazione alla politica. Egli vedeva la sessualità di De Sade come una metafora del modo in cui il capitalismo si impossessa del corpo umano. Salò è dunque un pezzo di cinema eminentemente politico, ma è anche, più di qualsiasi altro film di Pasolini, ricco di riferimenti all’arte, dal Rinascimento al periodo moderno. In questo film Pasolini ha persino appeso alle scenografie sul set dipinti di Juan Gris, Mario Sironi, Giacomo Balla, Gino Severini e Carlo Carrà. L’affresco nel salottino dove i quattro fascisti libertini si riuniscono a parlare è ispirato a Fernand Léger. Tuttavia, diventa subito evidente che i quattro fascisti non dedicano alcuna attenzione ai capolavori che li circondano. Pasolini intendeva senza dubbio mostrare in questo modo che, pur essendo circondati da opere d’arte confiscate, essi erano immuni dall’autentica raffinatezza culturale dell’umanesimo.

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Ezra Pound

Un angolo a parte è dedicato alla figura di Ezra Pound. In Salò o le 120 giornate di Sodoma, il contesto fascista è sottilmente riaffermato da un dettaglio. Quando i quattro notabili ascoltano la radio di Mussolini, sentono un frammento dei Cantos di Ezra Pound.
Questo momento del film è storicamente verosimile, dal momento che il poeta americano aveva lavorato per la radio fascista. Vi aveva tenuto infatti centoventi discorsi radiofonici tra il 1942 e il 1943, spesso antisemiti e antialleati, che lo portarono a essere uno degli otto americani incriminati per tradimento. Molti anni dopo, nell’autunno del 1967, Pasolini fece visita a Pound a Venezia, dando vita a un film documentario diretto da Vanni Ronsisvalle e a una serie di ritratti del poeta americano da parte del suo “erede”.
“Mi presento a voi come un bambino che è cresciuto con un padre ostinato come un mulo”, disse Pasolini a Pound, rivendicando così una filiazione artistica.
Come si può intuire, la presenza di Pound attraverso la sua opera poetica nell’ultimo film di Pasolini non ha solo uno scopo storico. Permette anche di costruire un sottile gioco di specchi tra Pound e i Cantos da un lato e Salò e Pasolini dall’altro. Pur essendo politicamente agli antipodi, i due hanno infatti lo stesso approccio fortemente critico al capitalismo e lo stesso amore per l’Italia preindustriale.

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L’eredità di Pasolini nelle opere d’arte

Attraverso la sua opera e la morte violenta che sembra coronarla, Pasolini ha simboleggiato un’epoca in cui la funzione di artista e pensatore era definita essenzialmente come resistenza all’ordine e ai vari poteri. Le sue posizioni sono state talvolta considerate polemiche dai suoi contemporanei, e i suoi avvertimenti contro il consumismo esagerati.
Oggi, a molti anni di distanza, l’opera di Pasolini appare in tutta la sua ampiezza e diversità. Realizzata contro i tempi, contro il proprio stesso tempo, per aprire un futuro al pensiero, oggi brilla per la sua attualità. Il tempo a venire profetizzato da Pasolini si è avverato: è il nostro tempo, il tempo del feticismo delle merci e della violenta standardizzazione, anche nel campo artistico.
È quindi facile capire perché Pasolini possa apparire per gli artisti contemporanei, se non come un esempio da imitare in tutto e per tutto, almeno come un modello di rigore, di dolorosa lucidità e di libertà di riflessione.
Una trentina di artisti che gli hanno reso omaggio sono riuniti al piano superiore dell’esposizione. Alcuni hanno dipinto il suo ritratto o raffigurato la sua morte, altri  citano le sue poesie, altri ancora utilizzano nelle loro opere fotografie, fotogrammi o estratti dei suoi film.