Matteo Attruia, la parola, il tempo e l’io
Raccontare la varietà delle opere di Matteo Attruia è una bella sfida. Proprio perché si basano sulle parole, esse tendono ad essere uccise dall’azione descrittiva delle stesse.
Il fatto è che nei suoi lavori la parola funziona come dispositivo di interrogazione e sabotaggio della realtà, esattamente come succede con gli altri oggetti, spesso di recupero, che utilizza per instillare il dubbio proprio dove sembrano esserci solo certezze.
Nelle sue opere la parola non descrive mai, suggerisce, spesso gioca e quando racconta lo fa lasciando fare a noi tutto il lavoro.
Fotografia, scultura, arti visive e plastiche, nel realizzare i suoi eleganti cortocircuiti la parola scritta diventa un elemento estremamente malleabile. Incisa nel marmo o sui muri, fatta di luce, tracciata con il pennarello o magnificata sulle pareti, è spesso proprio la sua forma grafica a permettergli di ampliare il suo significato, attraverso la cancellazione momentanea o definitiva di alcune sue parti o la trasformazione che gioca con l’omofonia o l’assonanza.
Obliterazione
In molte sue opere si può parlare di una sorta di obliterazione, di annullamento attraverso soppressione, che però apporta in questo modo una sorta di valore aggiunto, come in WE___ME.
L’operazione che compie in WE___ME , quella cioè di sopprimere parte della scritta welcome per lasciare spazio ai due pronomi che ne risultano, innesca infatti una sorta di racconto che parla di ritorni, di vuoti e al tempo stesso di legami ricostruiti.
Less is more
Nelle sue opere l’atto di togliere aggiunge sempre qualcosa. Che si tratti di installazioni, di semplici scritte a pennarello o di insegne recuperate che ci comunicano, avulse dal loro contesto, qualcosa di completamente nuovo là dove prima esisteva solo un luogo comune, esse sorprendono sempre per la loro freschezza e ironia.
Dislocazione
Il cortocircuito avviene anche attraverso la destabilizzazione che nasce inserendo un oggetto in un contesto o secondo modi inaspettati.
Posizionare un dispenser di biglietti elimina-code ad un’altezza irraggiungibile lo rende del tutto inefficace.
Not yet ci dice che non è ancora il nostro turno. E forse non lo sarà mai.
A volte basta solo estrapolare un oggetto dal suo contesto per innescare una reazione a catena che può portarci molto lontano.
Citazionismo
Molte sue opere sono delle citazioni come Perchè fare? che rielabora Che fare? di Merz, o come l’intero evento espositivo alla Galleria Lipanjepuntin di Trieste con Courtesy the Artist. Qui infatti Attruia fa propri i lavori che altri artisti da lui contattati gli hanno donato per il progetto, mettendo in mostra opere di altri, che diventano sue solo perché le ha firmate.
Il tema dell’autorialità dell’opera torna nella serie Signature, in cui Attruia appone la firma di artisti celebri sul materiale da loro utilizzato.
Partendo dalle firme di alcuni artisti ho deciso di creare una specie di compromesso tra la materia e i segni che certificano l’opera alla sua appartenenza. Il feltro per Beuys, le mattonelle da bagno per Mutt (Duchamp), il muro per Basquiat, ed infine il neon per me, materiale plasmato con una X, segno anonimo che non mi distingue e che non mi elegge all’altezza degli altri
Il tempo
L’impossibilità di conciliare la storicità del tempo con l’immanenza della coscienza si manifesta spesso nelle sue opere.
Ero_e consiste in un piedistallo marmoreo vuoto. Le scale che lo circondano a spirale invitano in un certo senso a salirvi, anche se il verbo al passato dell’incisione lascia intendere che ormai non è più tempo. Non qui, non ora.
Il gioco dei tempi verbali spesso rivela il desiderio di ricreare un punto temporale unico che faccia coabitare presente passato e futuro. Come in Ha futura memoria e in Era.Ora.
In Time la freccia del tempo viene invertita. L’ uscita di emergenza si trova facendo scorrere il tempo al contrario.
Identità e menzogna
Anche la ricerca sull’identità personale, intrecciandosi con il tema della sincerità e della menzogna, ritorna sotto forme molteplici nelle sue opere. Nella serie Yours sincerely alcune foto di personaggi celebri portano in calce la dedica con autografo dell’artista stesso.
Self portrait
I volti di Barack Obama, Charlie Chaplin, Alfred Hitchcock, Frank Zappa, Angela Merkel, Peter Falk, i Beatles e Madre Teresa sono trasformati dall’inserimento di elementi della fisionomia dell’artista. Gli occhi e il naso di Matteo Attruia sono in qualche modo nascosti in altri individui, i cui tratti sono noti a tutti e che innescano quindi un cortocircuito inaspettato nello spettatore.
Parola, tempo e identità
Se parola, tempo e identità si rincorrono e si intrecciano in gran parte delle sue opere, il lavoro sulle pietre tombali, riassume e riunisce tutte queste tensioni, con un risultato estremamente suggestivo.
Dopo aver recuperato ex sigilli tombali l’artista agisce sulle lettere in ottone, togliendone alcune, e creando nuovi significati.
Solo è ciò che rimane di un cognome dimenticato.
La scritta “i tuoi cari” diventa Tu: il mittente e il destinatario si confondono
Anche Moi, un’agenda in cui tutti i giorni della sua vita sono raggruppati e marcati come fanno i carcerati, costituisce una sorta di summa di tutte queste istanze.
“Ogni linea, ogni giorno può apparire uguale all’altro, ma ciascuno di essi è diverso, esattamente come nella vita. L’utilizzo del tema iconograficamente collegato alla detenzione, stabilisce un cortocircuito di pensiero e di valutazione sulla qualità, sulla durata e sullo scorrere del tempo. Solitamente si contano i giorni che ci separano da una data certa, da una scadenza; qui il conteggio avanza senza sapere quando terminerà. Un’opera aperta e in divenire che può essere ripetuta e, per sua stessa natura, sempre diversa.”
Scoprite tutte le opere di Matteo Attruia sul suo sito e sul suo profilo Instagram.