La valletta di Santa Lucia a Torbole
L’incredibile storia delle navi tra gli ulivi
La passeggiata che percorre la valletta di Santa Lucia è una delle più suggestive che si possono fare con partenza da Torbole. Poco lontano dalla piazza centrale si imbocca un’antica strada di origine romana, che sale tra gli ulivi e costeggia le rocce su cui sorge Castel Penede, da qui si arriva a Nago in poco più di mezz’ora.
La strada, che prende il nome da un capitello dedicato alla Santa, oltre che offrire panorami incredibili sulle montagne circostanti, sugli uliveti e sul lago, è ricca di suggestioni storiche, essendo stata teatro di una delle imprese navali più incredibili della flotta veneziana nel XV secolo.
La passeggiata di Santa Lucia
È un percorso di trekking semplice, adatto anche alle famiglie. Una volta arrivati a Nago si può tornare verso il lago prendendo il vecchio tracciato stradale che univa i due paesi oppure prendere il cammino che si dirige verso il Monte Baldo, passa tra gli uliveti in località La Gort e arriva fino alle Busatte, per ridiscendere a Torbole da lì.
Si tratta di un paesaggio incredibilmente preservato, dove regna solo il silenzio e in cui le tracce dell’uomo si riconoscono solo nella coltivazione millenaria dell’ulivo e negli interventi sul territorio attraverso la costruzione di terrazzamenti e muri a secco.
Suggestioni storiche
La valletta di Santa Lucia era l’unico passaggio che un tempo collegava la valle dell’Adige con il lago di Garda. Di qui, nel IV secolo, passò più volte il Vescovo di Trento San Vigilio nei suoi viaggi pastorali lungo la sponda orientale del lago. Di qui scesero imperatori, re e condottieri. Sempre di qui, nel 1439, scese addirittura un’intera flotta di galee veneziane!
Galeas per montes
Vale la pena di ripercorrere questa storia che fu una vera e propria epopea.
Correva l’anno 1438 quando il Senato Veneto prese una decisione che ha dell’incredibile: per portare aiuto a Brescia, assediata da Filippo Maria Visconti, una flotta di navi sarebbe stata trasportata lungo il fiume Adige e poi via terra, per arrivare sul lago di Garda aggirando il nemico e sorprendendolo da nord.
Fu un vecchio uomo di mare, un marinaio di origine greca, Sorbolo di Candia, ad avere questa idea e ottenere dal Senato della Serenissima tutti i mezzi necessari per la sua realizzazione.
L’impresa incredibile
Sei galee e 25 navi più leggere mossero dunque da Venezia nel novembre del 1438, risalirono l’Adige e giunsero a Mori. Poi, con l’aiuto di duemila buoi e centinaia di marinai e uomini del luogo, le imbarcazioni vennero fatte rotolare via terra su rulli. Giunte al lago di Loppio, si poté rimetterle in acqua per un paio di chilometri. E poi cominciò l’impresa più difficile: la flotta venne nuovamente tirata in secco e trascinata sul ripido pendio per il passo San Giovanni. Durante la discesa verso Torbole attraverso la valle di Santa Lucia le navi vennero trattenute con grosse funi assicurate ad argani e fatte scivolare lentamente verso la riva del lago nei pressi di Torbole.
Raccontano i narratori dell’epoca che il peso delle navi era tale che diversi ulivi secolari, a cui erano stati fissati gli argani, furono letteralmente strappati dal terreno e che, per frenare la discesa, si ricorse all’accorgimento di attendere nel pomeriggio l’òra, il vento del Garda che soffia da sud, e dispiegare le vele delle navi per rallentarne la discesa!
Nel febbraio del 1439 la flotta fu varata nel porto di Torbole.
La complessa operazione, durata tre mesi, costò alla Serenissima Repubblica la favolosa cifra di 15.000 ducati, ma fu una delle più importanti opere di ingegneria militare mai realizzate sino ad allora e, come tale, divenne famosa in tutta Europa. Sorbolo ebbe onori solenni a Venezia . Il Senato lo ringraziò per la sua perizia “in conducendo galeas per montes in lacu Gardae cum gloria nostra”.
La sconfitta a Maderno e la vittoria del Ponale
Il trasporto della flotta non riuscì tuttavia a restare nascosto ai milanesi e fu perso così il fattore sorpresa. Lo scontro avvenne nei pressi di Maderno e la vittoria fu dei milanesi, che erano più forti di numero. Due poderose galee veneziane riuscirono però a riparare nel porto di Torbole. Nel corso del 1439 venne qui allestita una seconda e più potente flotta con il materiale trasportato da Venezia attraverso il già collaudato itinerario Adige-Loppio-Torbole. Nello scontro dell’aprile 1440 al largo del Ponale i Veneziani vinsero la battaglia, acquisendo il completo dominio del Lago di Garda.
Nel soffitto della Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo Ducale di Venezia è presente uno stupendo dipinto di Tintoretto che rappresenta il durissimo scontro con i milanesi.
L’ulivo gardesano
Ma torniamo sulla terraferma e al tempo presente, ritrovando il cammino in mezzo all’uliveto attraverso il quale la nostra passeggiata si snoda. Si tratta con tutta probabilità di uno dei più antichi insediamenti gardesani.
Da sempre presente nella zona del lago di Garda, l’ulivo iniziò a svolgere un ruolo chiave nel VII secolo d.C. come testimonia un editto del 643 che applicava sanzioni pecuniarie a coloro che venivano sorpresi a danneggiare le piante di ulivo nei villaggi attorno al Garda.
La diffusione nel Medioevo
Furono i grandi monasteri dell’Alto Medioevo a diffonderne la coltivazione. Essi necessitavano infatti di scorte d’olio per illuminare le chiese e svolgere i riti sacri, ma dall’area del Mediterraneo non ne proveniva più una quantità sufficiente. Allora cominciarono a piantare ulivi ovunque la pianta avesse qualche speranza di riuscita. Nell’area del lago di Garda l’ulivo trovò il clima ideale.
«Garda deputavit ad olium» ovvero «Il Garda è destinato a produrre olio». Così stabilì nell’835 Wala, l’abate del potente monastero di San Colombano di Bobbio. Questa si può considerare la data d’inizio dell’olivicoltura sulla riviera benacense. Le sponde del lago si coprirono di oliveti sempre più fitti e i frantoi si diffusero un po’ ovunque.
Già nel Medioevo l’olio del Garda si distingueva per l’alta qualità e per l’alto valore economico rispetto agli oli di altre provenienze ed era utilizzato con risultati eccellenti sia nell’alimentazione che in medicina. L’uso alimentare era destinato a pochi, poiché nell’Alto Medioevo «4-6 Kg di olio gardesano valevano quanto un maiale molto grande».
L’impronta nel paesaggio
Nel Rinascimento l’opera dell’uomo ha invece contribuito a delineare i tratti caratteristici del paesaggio agrario e in generale del lago di Garda. In questa epoca si iniziarono a ridisegnare i pendii con sistemazioni elaborate, che divennero vere e proprie costruzioni “a terrazze” affacciate sul lago, adatte alla coltivazione degli oliveti e così tipiche da rendere la zona famosa, tanto da essere chiamata, già dal 1968, Riviera degli Ulivi. L’olivo caratterizza tutt’ora ampia parte del paesaggio gardesano.
L’olio del Garda
Dal Dürer a Goethe, da Rilke a D’Annunzio, artisti e poeti ne sono rimasti incantati e hanno celebrato il prezioso prodotto dell’ulivo. Una pergamena del 1106 conservata nell’archivio comunale di Riva del Garda ne spiega le modalità di coltivazione. Da essa si apprende che l’olio d’oliva serviva anche per pagare le indulgenze!
L’extravergine d’oliva del Garda ha acquisito il marchio europeo della DOP, la denominazione d’origine protetta. È un olio che si caratterizza per i toni fruttati di mela golden, di erbe di prato, di fieno appena sfalciato, di mandorla, di nocciola. Il colore varia dal verde al giallo, a seconda della stagione.