Art

Livia Marin, entropia e indeterminazione della materia

Livia Marin è un’artista cilena che vive a Londra. Nei suoi lavori utilizza oggetti quotidiani per indagare la natura del nostro rapporto con le cose in un’epoca dominata dalla standardizzazione e dalla globalizzazione. Attraverso processi materici che generano straniamento, le sue opere invertono l’eccesso di familiarità della vita quotidiana e mostrano il nuovo che gli oggetti intrinsecamente contengono.

In Broken Things e Nomad Patterns Livia Marin affronta l’origine e la produzione artistica della porcellana. Le sue porcellane galleggiano o affogano in un liquido che sembra essere uscito dalle rispettive tazze, brocche o piattini. In realtà, è la porcellana stessa con la sua decorazione che si espande diventando liquida, perdendo la sua forma.
In questo modo gli oggetti non solo rivelano la loro fragilità, ma entrano anche in uno stato entropico: ciò che aveva assunto una forma torna ad essere materia originaria.
Si tratta di messe in scena dell’indeterminazione, di qualcosa che sta per rompersi o che è appena stato aggiustato.
Queste opere fanno riflettere sugli aspetti di perdita e cura, smaltimento e conservazione.

Broken Things è anche una serie fotografica che ha come soggetti vecchi oggetti di ceramica: le immagini fotografiche stampate sono strappate e poi riassemblate con una delicata cucitura in filo d’oro che fa riferimento al kintsugi, l’antica tecnica giapponese di restauro della ceramica che utilizzava lacca d’oro per saldare le fratture.

Anche nelle serie Rimanenze e Nature Morte sono le fotografie stampate che riproducono il soggetto e la composizione caratteristici della pittura di natura morta ad essere ricostruite con questa tecnica. Una sorta di resurrezione per immagini, per simulacri. L’apparenza assurge essa stessa allo status di oggetto per subirne lo stesso destino.

L’invisibilità degli oggetti quotidiani, che smettiamo in un certo senso di notare per la loro eccessiva presenza quotidiana è indagata nella serie L’oggetto e la sua manifestazione. Questo lavoro evidenzia tale presenza attraverso la moltiplicazione di un oggetto banale: oltre 1500 copie dello spazio interno di un bicchiere in plastica usa e getta sono state colate in diversi tipi di gesso, producendo una vibrazione ottica quando si giustappongono le varie tonalità di bianco.

Anche i giocattoli sono esplorati nei suoi lavori a più riprese. In Soft toys, un gran numero di peluche di seconda mano sono stati raccolti da vari mercati delle pulci e poi ricoperto da strati di gesso e poi dorati. Togliendo a questi oggetti la loro caratteristica principale di morbidezza e conferendogli una preziosità apparente li priva del loro lato intimo per proiettarli in un universo di forma senza attributi.