Il teatro degli oggetti di Daniel Spoerri al Mamac
Fino al 27 marzo è possibile visitare al MAMAC di Nizza l’esposizione dedicata a Daniel Spoerri “Le Théâtre des objets”.
Attraverso un percorso di più di 300 opere e documenti, l’arte di Daniel Spoerri – membro del Nouveau Réalisme, vicino a Fluxus e iniziatore della Eat Art – è presentata in una sorta di deambulazione a volute, la cui stessa cadenza richiama l’arte circense, con i suoi scherzi illusori, le curiosità e i personaggi bizzarri. Si parte dai primi “Tableau-pièges”, per arrivare alla creazione delle “collezioni insolite”, passando per l’arte della tavola e della cucina.
Nato il 27 marzo 1930 in Romania e rifugiatosi poi in Svizzera, Daniel Spoerri si è dedicato alla danza, al teatro e alla “poesia concreta”, prima di intraprendere, a partire dal 1959, un approccio plastico.
Mentre raccoglieva rottami metallici per il suo amico Jean Tinguely a Parigi, ebbe l’idea di fissarli, così come erano, su un supporto verticale, trasformando così quel frutto del caso in un quadro. È la nascita dei tableaux-pièges.
I Tableaux-pièges
È con i tableaux-pièges (quadri trabocchetto) iniziati nel 1960 che Daniel Spoerri entra a far parte del Nouveau Réalisme. Quello che compie è un processo di pietrificazione, inversione e assemblaggio degli oggetti, che sembrano uscire direttamente da uno spettacolo da fiera, sia per la loro spettacolarità che per l’effetto ottico e la propensione a rovesciare l’ordine prestabilito.
Le prime “Foires aux puces” immortalano le bancarelle del mercato, rivelando la bellezza poetica degli oggetti abbandonati e trascurati.
A partire dalla serie “Détrompe-l’œil” degli anni ’60 fino alle serie “Trésors des Pauvres” degli anni ’80, Spoerri mette in scena una dinamica in cui gli oggetti si pongono in un gioco relazionale con gli esseri umani.
Basandosi sulle leggi del caso, i tableaux pièges minano la pittura nel suo significato classico: l’oggetto non è più rappresentato ma presentato e la questione della composizione è lasciata al caso; il gesto dell’artista si riduce a un’azione minima e distaccata. In queste messe in scena lo spettatore impara una commovente lezione: anche le cose e le pratiche più umili e irrisorie sono vettori di emozioni. Con la loro storia intima e sconosciuta, toccano la memoria personale e collettiva, reale o fantasticata.
In altre composizioni come il Parc de bébé, Spoerri ricostruisce situazioni che in tutti i dettagli potrebbero essere dovute al caso. Qui l’artista copia la casualità e fa la parodia del suo stesso lavoro, confondendo la linea di divisione tra il reale e il fittizio.
Stands Anti-illusionisti
Antiillusionista e demistificatore, Spoerri gioca con il dialogo che si può stabilire tra un oggetto e una rappresentazione. Già nel 196l, “Détrompe-l’œil” attacca il carattere illusionista della pittura classica. Negli anni ’80, i “Trésors des Pauvres” mettono in scena il dirottamento popolare della grande tradizione degli arazzi. Oggetti di poco pregio sabotano e sublimano al tempo stesso la potenza e regalità delle scene intessute.
Pièges à mots, trabocchetti di parole
Daniel Spoerri come un mago crea qui “trabocchetti di parole” che traducono letteralmente le espressioni popolari. Questi giochi surrealisti sono pieni di umorismo nero, satirico o giocoso, di entusiasmo per l’insolito, di curiosità per le parole e per le lingue.
“Avere le uova nel cappello” è un’espressione svedese poco usata al giorno d’oggi, che si riferisce alla maleducazione di una persona che non si toglie il cappello, con il pretesto che possa nasconderci i frutti di un piccolo furto.
I muri hanno le orecchie, tosare un uovo, non avere gli occhi in tasca, mettere i piedi nel piatto, sono altrettanti modi di dire francesi che lui traspone in immagini ironiche e surreali.
Negli anni ’50, la poesia sperimentale divenne concreta, sonora e visiva, generando interazioni con il movimento Fluxus. Nel 1957, mentre Spoerri assisteva il drammaturgo Rudolf Seller al teatro regionale di Darmstadt, ha curato con Claus Bremer la prima rivista internazionale di poesia concreta, che è definita come “un sistema di parole, lettere o segni, il cui significato emerge solo attraverso il contributo personale del lettore”.
All’età di 20 anni, Daniel Spoerri ha iniziato la sua formazione nella danza a Zurigo e poi a Parigi prima di diventare ballerino solista al teatro municipale di Berna dal 1954 al 1957. La sua comprensione dello spazio, del movimento, la sospensione del tempo, è radicata in questa pratica rigorosa che incarna la vita. Si è dedicato alla regia e alla sperimentazione teatrale e si è poi interessato al teatro dell’assurdo di Eugène lonesco, Jean Tardieu e Tristan Tzara. Con Claus Bremer e Jean Tinguely, ha sperimentato una nuova forma di “teatro dinamico”, che mira ad andare oltre il campo della performance a vantaggio di una produzione in collaborazione con il pubblico. Questa ricerca è continuata nelle sue opere d’arte che coinvolgono la partecipazione dello spettatore.
Senza vedere – Un tour del gusto
A Monaco nel 1983, Spoerri ha creato un labirinto sensoriale e sonoro nel buio, progettato per risvegliare le nostre paure primordiali. Privato della vista, lo spettatore è invitato a togliersi le scarpe e a spogliarsi il più possibile per procedere in un ambiente sconosciuto e destabilizzante dove sarà colpito, solleticato, accarezzato, punzecchiato, da una successione di effetti apparentemente irrisori (creati da balle di fieno, carta vetrata, tessuti e suono), ma che, attraverso l’immaginazione, portano al fastidio e all’ostilità.
Attenzione lavoro artistico – Achtung Kunstwerk
La mostra di Spoerri del 1962 alla galleria Addi Kapcke di Copenaghen nel 1962 fu concepita come un museo della vita ordinaria con dieci tableaux-pièges dell’appartamento del suo amico Robert Filliou e un negozio di alimentari dove il cibo in scatola veniva venduto agli stessi prezzi di un normale negozio di alimentari, ma con un’etichetta “Attenzione opera d’arte”.
Il ristorante e i banchetti
Quando nel 1961 Daniel Spoerri etichetta i prodotti alimentari “Attention Oeuvre d’Art”, apre la strada alla Eat Art, un’arte che si mangia e che si concentra sui fenomeni socio-culturali del cibo.
Nel 1963, alla Galerie J di Parigi nasce il suo primo ristorante effimero, che concepisce come un’opera in situ, partecipativa e festosa, che viene creata con gli avanzi dei pasti e la collaborazione dei commensali.
Nel corso di dieci serate, “Chef Daniel” immagina un giro del mondo gastronomico che passa da un menu francese a uno ungherese, rumeno o svizzero, al buffet esotico, a quello dei carcerati fino ad uno artistico con un pasto pieno di giochi di parole dedicato a Raymond Hains.
L’artista fa appello a critici d’arte per servire i piatti. Questa azione-spettacolo mette in scena la relazione tra l’artista, i critici, la galleria e il pubblico. Sulle pareti della galleria-ristorante fa bella mostra la sua collezione di 723 utensili da cucina. Dopo aver mangiato, gli ospiti partecipano alla creazione di tableaux-pièges con gli avanzi dei loro pasti. I tavoli di diverse dimensioni, congelati in questo modo, testimoniano momenti condivisi che vengono ritualizzati.
Nel 1964, per la sua prima mostra alla Galleria Allan Stone di New York, Daniel Spoerri invita il mondo dell’arte a cenare su tavoli apparecchiati in modo identico. Alla fine di ogni pasto i tavoli vengono congelati. L’insieme di questo lavoro collaborativo è presentato sulle pareti della galleria con il titolo 29 Variazioni su un pasto. Ogni “variazione” è un ritratto psicologico presentato dalle parole “mangiato da…”: Arman, Noma, Copley (un collezionista), Marcel Duchamp, Dick Higgings, Roy Lichtenstein, Allan Kaprow, Ben Patterson. I pasti si tengono a casa di Letty Eisenhauer, un artista Fluxus.
Nel 1968, “Chef Daniel” apre poi il suo ristorante a Düsseldorf e produce opere commestibili nella Eat Art Gallery. Dal 1970 al 1972, anno che segnò la fine di questa avventura per Spoerri come direttore artistico, vi è stato prodotto un tableau-piège al giorno con il titolo generico Azione Ristorante Spoerri.
L’Ultima Cena: il banchetto funebre
Il 29 novembre 1970, in occasione del decimo e ultimo festival del Nouveau Réalisme a Milano, Spoerri organizza un ultimo pasto, una sorta di Ultima Cena, durante la quale l’arte del gruppo diventa commestibile: l’accumulo di Arman in gelatina, praline compresse per César, pietanze incartate per Christo, una Nanà ghiacciata per Niki de Saint Phalle, zuppa lettrista per Dufrêne e così via.
Meraviglie e mistificazioni
Daniel Spoerri intrattiene un rapporto particolare con il collezionismo. Dal 1960 si interessa alla carica emozionale e portatrice di memorie che possono veicolare gli oggetti. Spoerri non colleziona come un collezionista: con l’atto del conservare, rivela l’umanità in tutta la sua precarietà e preziosità.
Musei effimeri partecipativi e collaborativi così come cabinets delle curiosità magnificano la potenza immanente degli oggetti più irrisori e aneddotici.
Nella presentazione di attrezzi di tavolozze di artisti come nelle ricostruzione della sua prima camera atelier in scala uno a uno, l’aura che circonda la creazione diventa un soggetto in sé.
Il 17 ottobre 1961 alle 15.47, Spoerri fece l’inventario del tavolo della sua camera da letto parigina, numerando ogni oggetto e briciola e aggiungendo note piene di piccole storie, fatti secondari, ricordi, associazioni di idee.
In quest’opera, Spoerri si paragona a “Sherlock Holmes che, partendo da un oggetto potrebbe risolvere un crimine” o agli “storici che ricostrui isconontere epoche a partire da piccoli reperti.
Cabinet di Mama W.
Nel 1983-1984, Spoerri ha acquisito la collezione di curiosità raccolte da Madame de Wendelstadt a Darmstadt negli anni 1870.
Ognuno dei quarantotto oggetti è etichettato con una descrizione della sua provenienza e della sua storia. Gli oggetti in sé non hanno alcun valore, ma racchiusi in una scatola che porta l’iscrizione “Mama W.”, diventano souvenir personalizzati e sono investiti di un forte potere emotivo: troviamo per esempio una punta di freccia indiana, una piccola parte della bara di Giulietta riportata da Verona a Wendelstadt nel 1868 e così via.
Galleria di ritratti
Dal 1961 Spoerri era affascinato dalle tavolozze, dai banchi da lavoro e dagli atelier dei suoi amici artisti, che disegnavano in qualche modo i loro “ritratti psicologici”. Nel 1989, concepisce quindi la mostra “Palettes d’artistes” alla Galleria Littmann di Basilea e poi al Beaubourg a Parigi. Spoerri ha chiesto ai suoi amici artisti (Ben, Raymond Hains, Katharina Duwen) di poter ricreare sotto licenza alcuni dei loro tavoli di lavoro che a volte rielabora, quando non li crea da zero. Questo atteggiamento rivela l’evoluzione del suo approccio da “incollatore ortodosso” dell’opera del caso all’affermazione di una composizione originale.
La Camera 13
Nel 1998, Daniel Spoerri crea La Réplique de la Chambre 13 dell’Hotel Carcassonne per la mostra “Invested Spaces” al Guggenheim di New York. Situata nel quartiere latino di Parigi, questa piccola stanza fu il suo spazio di vita e di lavoro dal 1959 al 1965. L’artista lo considera il luogo di nascita della sua identità artistica.
La sua ricostruzione, basata su ricordi e fotografie, offre un’immersione simbolica e commemorativa: una perfetta mise en abyme del tableau-piège, nel luogo stesso in cui questo concetto è stato creato.
Il laboratorio surrogato, una sorta di stanza d’epoca, con i suoi mobili, oggetti, stoviglie e opere d’arte, evoca uno spaccato di vita falsamente sospeso. Il lavoro affronta la questione della riproducibilità artistica e archeologica.
Cadavre exquis
Diverse sue opere sono basate su lavori scientifici del XIX secolo. È il caso della serie “La medicina operatoria disegnata dal vero da N.H. Jacob (1839) reinterpretata da D. Spoerri” e di “Cabinet anatomique”.
Iniziato nel 1993, questo corpo di lavori pone uno sguardo sul corpo umano, raramente visibile nell’opera di Daniel Spoerri.
Egli usa litografie del Trattato completo di anatomia dell’uomo (1831-1854), il capolavoro monumentale di Jean-Baptiste Marc Bourgery, composto da 16 volumi e 725 litografie di Nicolas Henri Jacob.
In queste incisioni, che hanno come oggetto porzioni di corpi umani, inserisce oggetti che sono a volte incisivi, a volte poetici: attrezzi, spille, fiori artificiali, bigiotteria o gioielli preziosi, forbici, coltelli, bottoni, giocattoli, conchiglie, ricami, cerotti.
Questa sottile combinazione unisce la bellezza del corpo umano e la precisione grafica delle tavole con la violenza fredda e a tratti atroce dei soggetti rappresentati.
Farmacia Bretone
A partire dal 1972, Daniel Spoerri ha costruito una raccolta di 117 acque di sorgenti e fontane sacre della Bretagna, che conserva in fiale etichettate e numerate, alloggiate in un piccolo armadio di legno.
Questo meraviglioso dispensario è accompagnato da una mappa e da una guida che descrive i luoghi dove le acque sono state prese, nonché le loro ricette con gli effetti terapeutici o divinatori. Il tema dell’acqua curativa è tuttavia scartato, sapendo, dice, che il trasporto delle acque sacre in un luogo diverso le priverebbe del loro carattere e le relegherebbe al rango di acque comuni. Queste 117 boccette differiscono quindi per lui solo nella storia ad esse collegata.
«Nous voilà, tous des fétiches pris au piège de l’objet» Daniel Spoerri