Graziano Locatelli, l’irrimediabile frattura
Le piastrelle che Graziano Locatelli sceglie come materia privilegiata per le sue opere non sono una sostanza neutra; non lo sono soprattutto nel momento in cui decide di spezzarle. Le piastrelle sono al suolo, rappresentano ia superficie che ci sostiene, oppure sono al muro, delimitano uno spazio, casa o prigione.
Le piastrelle diventano soprattutto elemento costitutivo, mattone di base della realtà che viene dall’artista indagata in modo potente.
Le opere di Graziano Locatelli hanno come motivo dominante la frattura. Nessuna retorica, nessuna illusione che la rottura avvenuta possa essere riparata. Le sue sculture sono a mio avviso quanto di più lontano ci può essere dal Kintsugi – l’arte giapponese di rendere preziose le riparazioni – cui si fa tuttavia spesso riferimento in questi casi.
Non c’è infatti nelle sue opere nessuna necessità di sottolineare ciò che di bello può esserci nel metterci una toppa. Al contrario, le sue superfici si definiscono per l’irrimediabilità della loro distruzione che le rende esteticamente davvero potenti. Distrutte e allo stesso tempo vivissime.
La frattura crea infatti movimento, crea profondità, crea nuovo spazio. Lo crea in quanto tale, rifuggendo proprio la riparazione che riporterebbe la superficie alla piatta forma canonica.
Non pago del movimento che le sue superfici simulano nella frattura e che le proietta in una dimensione altra rispetto alla bidimensionalità di un piano senza imperfezioni, in molte sue opere le mattonelle di ceramica perdono la loro integrità proprio grazie ad alberi, tronchi, fogliame, vita che cresce e che muta oltre la superficie ferma delle cose