Alma Haser, la contemporaneità decostruita
Alma Haser è un’artista tedesca che vive a Londra. Le sue opere sorprendenti sono rielaborazioni della fotografia ritrattistica: intervenendo sulla carta attraverso la piegatura, il collage e le tecniche miste la sua arte si pone a metà strada tra la fotografia e la scultura esplorando i confini tra le immagini bidimensionali e quelle tridimensionali.
Il processo implica una sorta di decostruzione dell’immagine che minandone l’unità mostra al tempo stesso nuove prospettive spazio-temporali dalle quali considerarla: la parte mancante e la parte sostituita sono in un certo modo entrambe presenti, moltiplicando la realtà nel momento in cui la parcellizzano. In un unico istante vengono così rappresentate realtà molteplici.
Si aprono in questo modo dei varchi dai quali è possibile vedere la stessa cosa da punti e istanti diversi. Tutto è unico, anche se a volte i nostri sensi non riescono a farci percepire la sua singolarità.
La serie Within 15 minutes (è il tempo medio che separa la nascita di due gemelli) testimonia di quanto l’artista sia affascinata dall’esistenza di persone diverse dall’aspetto identico: Alma ha fotografato coppie di gemelli per costruire dei puzzle in cui poi mescola i pezzi per creare composizioni che corrispondano per metà a ciascuno di loro. In questo modo non appaiono più identici ma sono unici, proprio come le loro impronte digitali, visto che persino nell’utero il contatto con differenti superfici induce delle modificazioni nei feti prima che nascano.
In Cosmic Surgery l’origami diventa una parte integrante dei suoi ritratti fotografici e la serie Pseudo è una metafora visiva dell’impossibilità di fidarsi dei nostri sensi per distinguere ciò che è vero da ciò che è falso nell’era dei social media. La carta viene piegata, stratificata, tagliata prima di essere nuovamente fotografata e ricreare immagini in cui vero e falso si intrecciano in modo indistinguibile.
Wall of faces
All’inizio della pandemia Alma ha cominciato a dedicarsi al ricamo, vivendo dapprima questa tecnica come una forma di rilassamento. Ha realizzato poi che in questo modo poteva imitare i pixel, le textures e i colori dei video casalinghi di quando era bambina e che stava digitalizzando. La pixelizzazione mima il procedimento della nostra mente che fatica a distinguere cosa è davvero un ricordo è ciò che è risvegliato come tale dalla visione delle immagini registrate.
Non sono opere su di lei, sulla sua infanzia, ma sulla nostalgia, dunque il fatto che i visi non siano riconoscibili è un aspetto necessario dei lavori.
È la rappresentazione di un’idea astratta della memoria quella che mette in atto.
La pixelizzazione di questi video attraverso il ricamo costituisce una sorta di cortocircuito nel quale dopo che l’analogico è stato convertito in digitale esso torna ad essere materia concreta ma si serve ancora per lo più del supporto digitale per essere veicolato.
La serie è in fieri. Esplorate il suo sito e seguite il suo profilo Instagram