11 maggio 2020 – Déconfinement
Confinement. Così hanno chiamato il lockdown qui in Francia. Un po’ come dire che si restava tutti nei propri confini, in quelli della propria casa, sostanzialmente.
Non c’è nulla di democratico nel confinement, perché se hai una grande casa con giardino e una bella vista sul cielo è tutto molto diverso che se vivi in 40 mq con vista su un impasse e sul palazzo di fronte.
Non è solo una questione di “umore”, è soprattutto una cosa pratica, fisica: poco spazio significa soprattutto impossibilità di fare, di dedicarsi a qualunque attività che richieda almeno un metro quadrato di possibilità di movimento. E se non fai non sei.
No, non ho vissuto bene questo lockdown, anzi si può dire che non ho proprio vissuto.
L’11 maggio sono potuta di nuovo scendere sulla Promenade des Anglais. Pioveva.
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Siamo una “zona verde”, il che significa che la nostra regione è tra quelle meno toccate dagli effetti devastanti del virus, ma, al contrario delle differenze drastiche che potrebbe suggerire questa distinzione (verde e rosso sono pur sempre due colori complementari), l’unico punto saliente (oltre alla riapertura dei Licei) è che nelle regioni verdi si può andare nei parchi pubblici, che hanno finalmente riaperto.
Al pomeriggio, perché al mattino sono riservati agli anziani.
E senza giochi perché i bambini non hanno più diritto a nulla.
È una libertà molto strana in cui ci si deve abituare ad assurdità come quella -ancora antidemocratica- che prevede che in barca si possa uscire in 8 persone mentre in spiaggia non ci si possa fermare nemmeno da soli.
È una libertà molto strana, su cui aleggia la possibilità dei droni di controllo e l’evidenza di una socialità minata alla base.
Ci si sente un po’ tutti nemici.
E tutti un po’ colpevoli.
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