Lars Fredrikson al Mamac
Fino al 22 marzo 2020 è allestita al Mamac di Nizza una retrospettiva che riunisce per la prima volta una grande quantità di opere inedite e lavori provenienti da grandi collezioni pubbliche e private di Lars Fredrikson.
Di origini svedesi l’artista si installa nel sud della Francia nel 1960. Ricercatore instancabile inventa un universo sensibile nutrito di poesia e sperimentazioni plastiche, di filosofia dell’estremo oriente e di tecnologie contemporanee.
Le sue ricerche sono radicate nello spirito del suo tempo: l’artista lavora presto con le potenzialità della televisione e in maniera più generale dell’elettronica, mentre le sue ricerche sulle strutture dell’invisibile e dell’aleatorio mirano a rendere percettibili i flussi energetici, tellurici, siderali o interni di solito non visibili.
L’esposizione si apre sulla dimensione cosmica delle sue opere “cinetiche” e tridimensionali in acciaio, continua con i collages e i disegni per fax fino ad arrivare alle pratiche sonore di cui Fredrikson è uno dei pionieri.
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In Svezia Lars Fredrikson studia la chimica e poi l’elettronica cominciando ad interessarsi all’arte. La sua attrazione per le frequenze, i flussi e i segnali si approfondisce assieme all’arte cinetica che si sviluppa in quegli anni.
Affascinato dalle scoperte scientifiche e dalla ricerca spaziale Lars Fredrikson fabbrica i suoi meccanismi per creare delle opere uniche dai movimenti ondulatori.
Lavora anche con le onde magnetiche dei televisori per generare delle interferenze visive e sonore che sorgono sugli schermi.
L’artista traspone inoltre questa esperienza della traccia, della traiettoria tra due punti in un sottile lavoro di incisione su fogli d’argento. La pittura e ancor più l’acquerello restituiscono le sue ricerche nutrite dalla calligrafia orientale e dall’astrazione.
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A Venvouil tra il 1963 e 1il 1965 realizza una serie di collages. Partendo dalle riviste che trova nella sala d’aspetto di Madeleine, la sua compagna che è ortofonista dispiega delle accumulazioni dinamiche di elementi che si rispondono attraverso associazione o contrasto semantico. Quando realizza queste opere la tendenza è quella dell’esaltazione o della critica dei feticismi e dei miti della società moderna. La pop art inglese e i Nouveaux Réalistes in Francia esplorano questa pratica che testimonia l’avvento di una società dell’informazione.
A metà degli anni 60 mette a punto delle opere elettromeccaniche, composizioni generate dal calore di lampade o motori che rivelano la vibrazione nata dalla luce e dalle particelle.
Fredrikson rivela che “è un vecchio sogno quello di poter fare della scultura senza materia”
Televisori in cui l’immagine e il suono sono disturbati da generatori di frequenze. Lui inventa egli stesso i sintetizzatori, attraverso i quali dei disegni astratti fatti di punti e linee sinusoidali si presentano sugli schermi grazie a degli impulsi sonori. Queste “scritture pulsate” restano a lungo nella memoria grazie alla persistenza sulla retina e nell’udito. Oggi queste installazioni ci giungono solo attraverso le tracce che ne aha lasciato perché l’artista ha distrutto i suoi dispositivi brevettati esposti per la prima volta nel 1969.
Le “Strutture dinamiche”offrono allo sguardo un balletto di disegni composti da tracce di punti di pressione che appaiono e spariscono sulla superficie di tele bianche . Generate da dei meccanismi circolari simili a quelli dell’orologeria, dotati di aghi che sfiorano il rovescio della tela queste oscillazioni alla superficie.
Se queste opere possono ricordare lo spazialismo di Fontana o la Meta-Meccanica di Tinguely, esse si iscrivono per l’artista nel solco delle ricerche di Malevic alla ricerca della dematerializzazione delle pittura in energia pura.
All’inizio degli anni 70, in stretta collaborazione con AImé Maeght, Fredrikson intraprende un’intensa attività di incisione negli atelier della Fondazione Maeght a St-Paul-de-Vence. Questo lavoro, di fattura minimale è composto da tracce e da punti in rilievo disposti sul foglio di carta lasciando grande spazio al vuoto. Le scritture tracciate funzionano come partiture spaziali in rilievo. Il colore argento , che diventerà onnipresente nella sua opera conferisce a questa serie una dimensione lunare.
Alla frontiera tra scultura, pittura e installazione la serie di opere che realizza in acciaio inox: esse interagiscono con lo spazio circostante attraverso il riflesso, lo spostamento d’aria, la luce e il suono fino a creare uno spazio a metà strada tra il virtuale e il reale in cui lo spettatore è inglobato nell’opera. Nel 1972 presenta il frutto di questo lavoro in un’esposizione personale Espaces Virtuels.
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Negli anni ’50 John Cage rivoluziona la composizione musicale includendovi elementi casuali e poi il silenzio. Lars segue questa ricerca ma esclude la musica dal suo lavoro. Questo rifiuto è caratterizzato dall’abbandono della grammatica compositiva e per il trasferimento nell’arte sonora degli elementi costitutivi delle arti visive. Le sue opere sonore risultano da frequenze generate da sintetizzatori di sua fabbricazione o da onde elettromagnetiche telluriche e cosmiche.
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