Film

Ad Astra (2019) – James Gray

Ambientata in un futuro non troppo lontano nel quale un certo grado di viaggi spaziali è diventato la normalità, la storia di Ad astra immagina una Terra scossa da misteriose tempeste elettriche dovute a sovraccarichi di energia che mettono in serio pericolo la sopravvivenza umana. Il maggiore Roy McBride (Brad Pitt), che nelle scene iniziali sopravvive a un catastrofico incidente dovuto a una di queste scariche sarà chiamato a prendere parte a una missione top secret per debellarne l’origine.

Ho avuto l’occasione di assistere a questo film nella versione Dolby Cinema, potendo in questo modo ancor più godere della splendida fotografia (e il nero dello spazio disseminato di stelle sullo schermo grandioso diventa allora davvero profondissimo) e della colonna sonora molto potente (sia per quel che riguarda i brani musicali che per gli effetti sonori).
Consiglio l’esperienza, anche perché le riprese sono sorprendenti, sia quando si fanno strettissime sui visi dei personaggi, quasi volessero così penetrarne le emozioni superando la barriera materiale con l’altro, sia quando spaziano sulle ricostruzioni dei paesaggi terrestri e spaziali, talmente immensi da sottolineare la piccolezza di quel minuscolo attore che ne è l’uomo.

Dramma psicologico prima ancora che film di fantascienza, Ad astra è un viaggio nella solitudine, quella dell’animo umano e quella dello spazio, un viaggio nella consapevolezza che siamo irrimediabilmente soli in quanto monadi che nulla possono contro la loro singolarità e incomunicabilità e soli anche nell’universo, nella scoperta finale che non c’è in realtà nessun’altra specie che possa ascoltare la nostra voce.

“Esistono due sole possibilità. O siamo soli nell’universo, oppure non lo siamo. Entrambe sono terrificanti”. la citazione di Arthur C. Clarke, autore del romanzo 2001: Odissea nello spazio, è stata la principale fonte di ispirazione di James Gray per la realizzazione di Ad Astra e l’intera struttura del film è disseminata di riferimenti all’adattamento cinematografico di Stanley Kubrick, come ad altre pietre miliari della storia del cinema di fantascienza, tra cui Solaris, Interstellar, Contact e The Martian.

Il padre del protagonista, Clifford McBride, è stato un astronauta celeberrimo, un pioniere, un esploratore vocato totalmente alla causa della ricerca. È ricordato come un eroe per le sue innumerevoli imprese, compresa l’ultima, che ne ha visto la scomparsa, dopo che della sua nave furono perse le tracce mentre esplorava lo spazio nei pressi di Nettuno.
Il progetto Lima si occupava proprio di ricercare forme di vita extraterrestri (tra l’altro il motto latino “per aspera ad astra” che significa “attraverso le difficoltà si arriva alle stelle” si trova inciso sul Voyager Golden Record, il disco d’oro collocato sulla sonda Voyager nel 1977 contenente vari messaggi destinati ad eventuali lontane forme di vita intelligenti extraterrestri).

Il sistema solare che si può ammirare attraverso il viaggio di Roy è spettacolare: vediamo sfilare sotto i nostri occhi immagini incredibili della Luna, di Marte, Giove, Saturno e Nettuno, del Sole sempre più lontano e di un universo nero disseminato di stelle che si ostinano a splendere nella loro lontana solitudine.
Le ricostruzioni, oltre che suggestive, sono tutte molto accurate e verosimili, sia che si tratti della luna e delle sue città, che della base su Marte, la cui scabrezza -dovuta presumibilmente al fatto che tutto è costruito per lo più con materiali reperiti in loco- mi ha particolarmente affascinata rispecchiando in un certo senso anche l’asprezza della vita nel suo cercare di colonizzare un pianeta inospitale.
I razzi, i veicoli, le basi spaziali e un po’ tutti gli strumenti e i device testimoniano di un futuro che, pur avendo subito un’accelerazione esponenziale nelle capacità di viaggiare attraverso il sistema solare, resta familiare, non troppo fantascientifico.
Così come per niente fantascientifici sono i nemici con cui Roy si trova a lottare: unicamente degli animali, in primis l’uomo.

Durante questo viaggio Roy si trova a confrontarsi con le sue contraddizioni (come la fine del suo matrimonio, avvenuta per incomunicabilità o l’assenza di un padre mai stato davvero presente). Si trova ad affrontare anche tutto ciò che di oscuro c’è nel profondo dell’essere umano: paura, sopraffazione, odio e istinto predatorio.
Il dualismo un po’ manicheo tra luce e ombra si riflette nel contrasto tra materia e materia oscura: é un acceleratore di antimateria che si trova sulla nave in orbita attorno a Nettuno a sparare attraverso il sistema solare le potenti e distruttive scariche di sovraccarichi energetici.

Il viaggio nella solitudine coincide per Roy anche con la ricerca del padre, che, per quanto archetipica, aggiunge un senso molto umano al cammino della scienza attraverso l’ignoto. Pur essendo questo viaggio psicologico realizzato in modo un po’ didascalico, trovo che l’interpretazione di Brad Pitt sappia renderlo a tratti anche intenso.

Ne consiglio la visione (su schermo più grande possibile) anche per la fotografia eccezionale e la colonna sonora.