Alain Fleischer – L’image qui revient
L’immagine che ritorna, il titolo suggestivo di questa esposizione ci invita da subito a trovare il movimento in ciò che per definizione sarebbe congelato in un istante cristallino: in che modo una fotografia, un’immagine fissata nel “qui ed ora” può tradurre il divenire delle cose nel tempo?
L’inchiesta portata avanti da questo artista dall’eccezionale sensibilità e poesia verte essenzialmente sul dialogo esistente tra l’immagine catturata dallo scatto fotografico e quella in movimento ripresa con mezzi cinematografici, che realizza dunque il divenire nel tempo proprio attraverso l’immagine che cambia.
Sembra essere sempre il Tempo in tutta la sua contraddittorietà concettuale al centro del lavoro di Alain Fleischer: come si può conciliare l’apparente esistenza dei singoli istanti percepiti dalla nostra coscienza con la realtà di un fluire continuo delle cose? Come riprodurre il movimento, l’evoluzione di un oggetto pur rimanendo fedeli alla nostra sola possibilità di percepirlo nel presente?
Sono domande la cui risposta non può che essere poetica, come le opere realizzate da questo artista incredibile.
Nell’esposizione presentata al Musée de la photographie di Nizza e visibile fino al 29 settembre il percorso attraverso il quale le sue opere ci guidano ci interroga sul significato dell’immagine che è innanzitutto traccia, segno di qualcosa che è passato, sia esso racconto, suono o memoria.
Ecrans Sensibles (1995) – Film, fotografia, performance
Un film è proiettato su uno schermo che anziché restare vergine e immacolato alla fine della proiezione apparirà sotto forma di fotografia gigante unica, risultato dell’impatto di migliaia di immagini animate che vi sono passate sopra. Ciò che si deposita sullo schermo è quello che è rimasto su di esso abbastanza a lungo da sembrare una foto, mentre ciò che si muoveva è passato senza lasciare traccia.
Le immagini del film si compattano, si accumulano sullo schermo, la somma di esse alla fine assomiglia al loro ricordo.
L’homme dans les draps (2000) – Video
Alain Fleischer è convinto che non esista l’informe in assoluto e che anche quello che appare come materia disorganizzata possa rivelarsi come rappresentazione decifrabile.
Nelle pieghe di queste lenzuola colpite dalla luce del giorno possono allora riconoscersi dei profili che durante la notte sono rimasti nascosti nell’ombra generale. Si potrebbe pensare che si tratti di una composizione creata ad arte, ma così non è: questi profili Alain Fleischer li ha raccolti giorno dopo giorno, uno dopo l’altro.
L’Empire des lumières (1989) Installazione
La riproduzione leggermente modificata di un dipinto di Magritte è illuminata dalla luce di un proiettore e una piccola nuvola passa per poi scomparire fuori dal quadro. Nell’immagine fissa si inserisce il movimento che la fa diventare un piccolo racconto: lo spettatore non è più libero del tempo della contemplazione, il cambiamento cui assiste guida la sua visione.
La magnetizzazione delle immagini (2019) – Fotografie
In questa serie la fotografia registra la misteriosa magnetizzazione dei frammenti di immagini ritagliati dai giornali che evocano gli avvenimenti più disparati eppure coincidono come i pezzi di un puzzle. Gli eventi e le persone sono associati contro ogni verosimiglianza in opposizioni e contrasti. Il movimento è evocato nell’avvicinarsi magnetico dei diversi frammenti.
Autant en emporte le vent (1979) – Installazione
Un proiettore è di fronte a un ventilatore in movimento sulle cui pale proietta l’immagine di un viso femminile, i cui capelli si muovono e gli occhi si chiudono a tratti per il vento. L’immagine è proiettata sullo stesso strumento che produceva il vento durante le riprese.
Inoltre l’oggetto su cui è proiettato si muove anch’esso e la superficie su cui l’immagine è proiettata è formata da molteplici facce, complicando ancor più il dubbio su cosa sia a muoversi per davvero.
Happy days (1986-88) – Fotografie
La realizzazione di questa serie si basa su un dispositivo complesso: un piccolo motociclista meccanico con una bandierina riportante le parole “happy days” (i giorni felici dell’infanzia) rimorchia al suolo uno specchio che capta durante il suo tragitto il riflesso di un’immagine proiettata: la Venere allo specchio di Velasquez o la Maya desnuda di Goya.
È una vera durata quella che si iscrive nella fotografia perché per realizzarla occorre che lo specchio sia tirato da un punto all’altro per un certo tempo e seguendo un percorso preciso. La ripresa assomiglia allora a un piano sequenza cinematografico, ma la durata si contrae in una sola immagine, il risultato è visibile solo per la macchina fotografica e solo l’emulsione registra la scia luminosa lasciata dallo specchio.
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Et pourtant il tourne (1979) – Installazione
Un vero giradischi appare nel fascio di luce di un proiettore cinematografico e si potrebbe credere che sia un modo per illuminarlo. Sul piatto un disco gira, ma è solo un’illusione perché si tratta di un’immagine proiettata ed il piatto in realtà è diventato uno schermo immobile dipinto di bianco che riceve la sua stessa immagine di quando girava. La musica che si sente è emessa dal proiettore in uno scambio complice e sinestetico tra gli apparecchi.
Tout un film une seule image (1992) – Fotografie
Una pellicola cinematografica con migliaia di fotogrammi è posta su carta fotografica sotto la luce di un ingranditore. Il film è trasferito su una singola immagine di un rayografo (tecnica inventata da Man Ray per impressionare carta sensibile senza apparecchi fotografici).
Lumières oubliées (2016) – Fotografie
Queste fotografie evocano la traccia lasciata nella natura da dei misteriosi eventi luminosi che solo la fotografia avrebbe registrato. Il movimento e il tempo distorcono la luce in tracce di colori diversi che nessuno ha potuto vedere.
Je ne suis qu’une image, serie in corso
La colonna sonora di un film ha tutte le caratteristiche di una fotografia: contrasto, nitidezza, definizione, grana: Fleisher ha trasferito il profilo sonoro della frase “je ne suis qu’une image” su diversi supporti, lama, lisca di pesce, piuma di pavone, in modo che il profilo possa essere ancora letto con incredibile precisione. È il divenire del suono qui a trasformarsi in immagine.
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L’apparition du monstre (2017) – Installation
Le deformazioni grottesche e proliferanti di oggetti diversi sono state ottenute applicando alle immagini di oggetti, di costruzioni e di animali l’algoritmo dello sviluppo mostruoso di un cactus colpito dal fenomeno misterioso della crestazione, una forma di teratologia vegetale che consiste nella crescita anomala di alcune parti della pianta. Una maniera elegante e poetica di denunciare le mutazioni fisiche, morali e demografiche del nostro tempo.