Sur le pont d’Avignon l’on y danse tout en rond
Tutto è cominciato con l’odore di nafta. Era forte, non ci avevo fatto caso ieri, ma oggi sono restata lì con il naso incollato alla porta della péniche a respirare a fondo e con gli occhi chiusi quell’odore un po’ acido di infanzia, imbevuto di lago e stracci unti.
L’odore del “fóntec” di via Scuole che non c’è più. Né l’odore, né il fóntec e nemmeno via Scuole.
Poi è arrivata la musica classica, che Marco ha avuto l’insolita idea di cercare alla radio mentre pranzavamo sulla barca e tutto quel Vivaldi che risuonava per le vie della città non so nemmeno più da dove.
C’era anche la canzone del ponte di Avignone. Si sentiva forte dalla riva su cui mi ero fermata a scattare un po’ di foto.
L’hai sicuramente cantata anche tu assieme ai crocieristi per i quali risuonava sulla nave che è arrivata fin sotto le sue arcate, prima di andare ad ormeggiare come un gambero lungo le rive del Rodano.
Non era bastato tutto questo e non è bastato nemmeno che Marco, raccogliendo un vecchio libro inspiegabilmente posato a terra a lato della strada (intatto, del 1930, senza copertina ma pulito, un po’ squadernato ma integro) pronunciasse una delle frasi più inaspettate che potessi sentire “questo libro sarebbe piaciuto a tuo papà”: L’aviation.
Un po’ dopo notavo che al muro del ristorante scelto per la cena era appesa un’elica d’aereo (così simile a quelle vecchie dei motoscafi appese in quello scantinato), ma è stato solo quando ho letto il numero del tavolo credendo di vedervi un 17 anziché il 27 che era effettivamente inciso sulla targhetta metallica a lato che ho capito.
“Ma che cavolo di giorno è oggi?” (in vacanza, si sa, si perde sempre un po’ la cognizione del tempo).
Ho riso nello stupore infinito perché mi è quasi sembrato di sentirti dire, in dialetto, “alora ghe ‘rivit o no?”
La verità è che ti ho pensato tutte quelle volte, senza neanche prestarci attenzione.
Dal mattino avevo avuto problemi con il tempo, alle 9 mi sono stupita di quell’orologio appeso al muro che segnava già le 12 meno venti, per poi notare che era bloccato, proprio come quello di Interstellar con la lancetta dei secondi che rimbalza sullo stesso identico istante.
Sono rimasta tutto il giorno senza orologio, non lo trovavo. L’ho cercato ovunque, a partire dalla borsa poi negli angoli più nascosti della barca, ma niente. Sapevo che c’era e che ho l’abitudine di toglierlo senza accorgermene troppo perché mi dà fastidio anche se non posso stare senza.
L’ho trovato a sera, in borsa ovviamente.
Il tempo si è arrestato ieri era un messaggio lo so, l’intera giornata è stata un messaggio per me. Non credo di averlo interpretato, ma forse non ce n’era bisogno, forse era solo un modo per dirmi che c’è.
Ti ho pensato, ma non so cosa volessi dirmi tu.
Cooper: La legge di Murphy non dice che “qualcosa di brutto accadrà” ma che “tutto quello che può succedere accadrà”.
Forse volevi dirmi solo quello chissà.