Oltre lo Specchio (Barbablù rivisitato)
Oltre lo Specchio è uno spettacolo di Elisa Salvini e Martina Pomari ispirato a La Camera di sangue (1979) di Angela Carter, un racconto che dà anche il nome ad un’intera sua antologia di narrazioni ispirate a celebri fiabe.
Nelle fattispecie La Camera di sangue è la riscrittura della favola di Barbablù di Charles Perrault, che narra la vicenda di un sanguinario uxoricida, ucciso dalla madre della sua ultima giovane sposa proprio un attimo prima di averle tolta la vita.
La trasposizione teatrale ad opera delle due giovani artiste prende la forma del monologo attraverso la voce di Elisa Salvini ed è accompagnata dalla presenza in scena di Martina Pomari che, oltre ad impersonare la sposa bambina, è anche la creatrice dei dipinti che raffigurano le scene e i momenti più intensi della fiaba. Dipinti che vengono modificati e in qualche modo ricreati ogni volta che avviene la rappresentazione.
Opera della stessa pittrice e grafica sono anche la locandina e i ritratti delle artiste creati per l’occasione:
La storia narra la vicenda di una giovane pianista di talento che finisce in sposa ad un vecchio e ricco marchese che non ama. Gli agi in cui vive le fanno comunque accettare le perversioni sessuali dell’uomo, che ella scopre una volta arrivata alla villa.
Un viaggio d’affari, probabilmente simulato, decide infine della sorte della fanciulla, che, anche se avvertita dal marito di non entrare nella stanza segreta di cui le confida tra le altre la chiave, cede alla curiosità per scoprire infine l’orrore: i corpi delle mogli precedenti fanno qui mostra di sé nonché della perversione dell’uomo con cui si trova a condividere la vita.
Sarà la madre della ragazza a salvarla in extremis alla fine del racconto.
L’idea di unire due forme artistiche diverse come la recitazione e la pittura aggiunge una dimensione in più allo spettacolo, che, accompagnato dalle musiche originali della violinista Maya Parisi, ha un potere evocativo tutto speciale.
La superba interpretazione di Elisa, che veste i pani di Barbablù, si sposa con la presenza silenziosa di Martina e delle sue opere, mentre i molti simboli presenti nella narrazione materializzano in qualche modo tutto quello che sulla scena non si vede.
Non si vede perché resta “oltre lo specchio”, quello specchio che, oltre a permettere ai protagonisti il riconoscimento di sé, d’un tratto si fa anche porta, passaggio, varco che introduce lo spettatore in un mondo che è fatto di orrore, ma anche, come in ogni fiaba che si rispetti, di salvezza.
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