Angelica e l’acqua
Mi ero decisa a dare retta al motoscafista che insisteva a farmi fare il percorso con i piedi nell’acqua. All’inizio proprio non me l’ero sentita, poi però la sensazione di libertà derivante dall’essere lì in mezzo alle onde mi aveva convinta. D’un tratto non avevo più paura o meglio, d’un tratto non contava più che ne avessi.
Quel lago era un po’ più caldo del mio e molto più verde. Molto meno nero. Non so perché i laghi lì disegnano per lo più blu, mi è sempre sembrata un’enorme fregatura perché, anche se forse da qualche parte nel mondo i laghi sono probabilmente davvero blu, per me resteranno sempre dal cuore nero.
Quando sei là sotto e ti manca l’aria, quando senti solo un gorgo che ti trascina verso il basso, quando tutto, anche la luce, sembra essere catturata per non uscire mai più, allora di blu non vedi proprio niente.
Ma oggi per la prima volta dopo tanto tempo sono riuscita a mettere di nuovo i piedi nell’acqua. Era una strana carezza la sua, fresca e leggera come può esserlo quella di un elemento fluido e al tempo stesso trascinante e potente, anche se la sua forza apparente derivava solo dal moto del mezzo su cui mi trovavo.
Ma non cambia molto in realtà visto che è il risultato quello che conta.
È il risultato quello che conta e oggi i miei piedi da fermi correvano veloci, nell’acqua.