Il ladro di ricordi (reloaded)
Non ricordo bene come sono arrivato qui in questo corridoio ma la luce che vedo là in fondo mi è stranamente familiare.
“Non ricordo”. In effetti usare questo verbo ha qualcosa di beffardo e ormai anche drammatico per me. Ricordare, non so nemmeno più definire con precisione il significato di questa parola, dal momento che la mia memoria è diventata una scatola aperta, un contenitore in cui entra di tutto e dove è difficile distinguere ciò che ho vissuto davvero da ciò che ho assorbito dalle vite altrui, ciò che risale alla mia coscienza e ai miei sogni da ciò che è stato percepito, desiderato e immaginato da qualcun altro.
A dire il vero anche l’espressione “stranamente familiare” mi suona un po’ bizzarra, visto che nella situazione in cui ora mi trovo sono ben poche le cose che non mi sembri già di conoscere e tutto è diventato, infine, normalmente familiare.
Sono passati molti anni da quando questa storia è cominciata.
La prima volta che ho capito che mi stava succedendo qualcosa di inusuale è stato mentre passeggiavo nel parco e un assurdo profumo di gelsomini ha invaso le mie narici. Era autunno e ancora non sospettavo che mi fosse capitato in sorte un dono.
1. Bruno
Fa molto freddo stasera su questa panchina, che razza di ottobre gelido che sta facendo! Per fortuna ho trovato questi cartoni fuori dal supermercato, mi aiuteranno un po’ ad affrontare la notte che si avvicina. Vieni qui Rocky dai, in due ci si scalda meglio. Ah-a! lo so che tu preferiresti correre e giocare come un tempo nel grande giardino sotto casa, ma sono cambiate un po’ di cose, sì, sono cambiate, non c’è più lei ad aspettarmi nella grande cucina, non c’è più nemmeno la cucina, né la casa, né il viale con la bella siepe che a giugno si riempiva di fiori profumatissimi… uhm come si chiamano poi, uhm non so non ricordo sento freddo e il sonno che mi prende, la prossima volta con quei cinque euro devo prendermi una bottiglia migliore anziché questi due torcibudella.. stai Rocky stai qui, andrà tutto bene vedrai sì sì uhm..
Pochi giorni dopo ho cominciato a comprendere, quando, intrattenendomi con la vicina sul pianerottolo di casa, avvertii sul palato il gusto pesante e dolciastro del latte mentre una melodia di violini aveva cominciato all’improvviso a risuonare, con mio grande stupore, poco lontano.
2. Marianna
Oh buongiorno, come va Professore? Sta bene? Ha gli occhi un po’ stanchi sa? sicuro di stare bene? Venga venga entri un attimo venga a vedere, che mi hanno lasciato la mia nipotina per qualche ora… le nonne, ah le nonne servono anche a questo sa? guardi, la guardi.. “cucù stellina fai vedere al Professore che begli occhietti che hai” ha visto? ha visto quanti capelli? tutta la sua mamma! Anche lei appena nata aveva un cespuglio simile sulla testa! e tutti ricci sa? Aveva preso dal mio Giuseppe. Sempre tutto scapigliato, ma sono così questi artisti no? le assomigliava un po’ il mio Giuseppe sa? ma lei non suona il violino vero? no, credo che la musica non si possa mettere negli alambicchi… oh ecco che ha rigurgitato, scusi eh?
Fu una sorta di rivelazione. Vuoi vedere, mi sono detto, che è possibile captare e forse anche registrare i ricordi e addirittura i sogni altrui? Mi resi subito conto che sarebbe stata non solo una scoperta sensazionale per la scienza, ma anche un rimedio, una cura miracolosa per le vite scialbe e insipide come la mia.
Cominciai ad immaginare cosa volesse dire possedere, per esempio, i ricordi di chi da giovane fosse stato di una bellezza straordinaria o quelli di un innamorato follemente ricambiato oppure ancora quelli di un cantante di successo che avesse girato il mondo acclamato dalle folle. L’idea di poter penetrare e fare propria la memoria di chi avesse vissuto passioni travolgenti, intensi drammi e rivelazioni e grandi gioie mi spalancò una porta su una grande speranza, quella di riuscire finalmente a rendere eccezionale la mia vita.
Dovevo però dapprima capire come ciò potesse accadere, dovevo analizzare, soppesare, comprendere tutti i meccanismi fisici, elettrici e magnetici che presiedevano a questo spettacolare evento biologico. Cominciai a studiare i processi che mutano l’evento in ricordo: i sentimenti diventano reazioni chimiche, le emozioni impulsi elettrici che correndo sulle sinapsi si incastrano alla fine nel tessuto cellulare dei nostri neuroni, diventano materia organica.
E non era poi così straordinario pensare che i ricordi potessero passare da una persona all’altra: tutti abbiamo vissuto almeno una volta l’esperienza di fissare come ricordo proprio quello di qualcun altro. Dipende soprattutto dall’intensità con cui ce l’hanno trasmesso.
Si trattava piuttosto di capire come allenare le mie invisibili antenne, quegli organi misteriosi deputati alla percezione dei loro sottili componenti. Da quel momento la caccia ai ricordi divenne il mio sport preferito e diventai bravissimo, ne rubavo a centinaia, cercando i luoghi affollati e le vittime più interessanti da vampirizzare, avendo ormai affinato la mia capacità di riconoscerle.
Un giorno fu il mare, un fortissimo profumo di mare che mi travolse all’improvviso durante l’intervallo, in sala professori.
3. Carla
Chi l’avrebbe detto che aprendo quel vecchio libro sarebbe saltata fuori quella foto? Ero proprio bella vent’anni fa con i capelli mossi dalla brezza marina, lo sguardo rivolto all’orizzonte e le gocce di sale sulle labbra verso le quali correvano per osmosi le lacrime che scendevano silenziose dalle mie guance. Mi aveva lasciato così, senza che potessi farci niente e senza che potessi farmene una ragione. Lo sapevo già allora che non avrei mai più trovato nessuno come lui.
E’ incredibile come da quel momento il profumo dell’aria marina non cessi di scendermi nei polmoni come una lama che mi taglia il respiro. Eppure è dolce, nonostante la salsedine, come lo è il suo ricordo e quel che resta del mio amore per lui.
Il mare sì, lo sentii arrivare di colpo dolce e amaro. Anch’io avevo dei ricordi legati al mare, le conchiglie raccolte con mia madre sul bagnasciuga, gli ossi di seppia che affioravano dalla sabbia al mattino, l’odore del sale essiccato sugli scogli e quello delle alghe che marciscono al sole. Anche gli odori cattivi diventano buoni nel ricordo.
Ed anche i drammi diventano tollerabili una volta trasfigurati da quel magico ingranaggio che è la memoria.
Fu una seconda folgorazione: il ricordo sublima sempre la realtà, ciò che abbiamo vissuto viene passato a un vaglio le cui maglie si fanno tanto più larghe quanto più lontano è l’evento passato e fatto in modo tale da mantenere in superficie solo ciò che ci dà benessere, mentre tutto il male scorre via. E’ una specie di autodifesa della coscienza, uno stratagemma messo in atto dall’io per far diventare sopportabile il dolore che siamo costretti nostro malgrado a provare nella vita.
Mi accorsi anche che il ricordo altrui poteva facilmente sommarsi al mio per diventare un magma indefinito ricco e dolce al tempo stesso in cui tutte le esperienze mie ed altrui si sarebbero confuse in un denso e indistinto fluire.
Avevo trovato la mia droga. Per anni ho vissuto così, cibandomi sempre più avidamente dei ricordi che captavo attorno a me, nell’incessante ricerca di tutto ciò che potesse alimentare il mio bisogno di vita. Altrui. Perché della mia in questo flusso ne è rimasta ormai ben poca.
Una danza, un girotondo inebriante fu quello in cui mi trovai trasportato una notte passando sotto le finestre della casa all’angolo della mia via.
4. Stefano, Anna e Roberta
Sono su una nave che si impenna in mezzo a un mare molto agitato, ho la nausea non so più come e dove appoggiare i piedi -c’è una lunga strada davanti a me un po’ in salita- poi improvvisamente all’orizzonte si alza un’onda più grossa delle altre -qualche nota comincia a suonare nella grande sala- si fa sempre più gigantesca, vedo la sua cresta ergersi fin sopra il fumaiolo -ci sono molte persone che ridono e parlano ad alta voce- mentre l’acqua si scava, lungo una superficie sempre più concava sulla mia testa. Tutti già ballano alla festa e l’uomo dei miei sogni mi viene incontro mi avvolge e poi mi bacia mi bacia mi bacia all’infinito. Lungo la strada le ombre si fanno sempre più lunghe. L’aria si ferma mentre la massa d’acqua è sospesa sul mio capo. I suoi occhi nei miei. In fondo alla strada c’è papà che mi aspetta, comincio a correre, ma divento sempre più piccola non ce la farò mai, i miei passi si fanno sempre più corti, i suoni sempre più ovattati, il terreno molle mi inghiotte -c’è ancora la musica e lui che mi stringe a sé- Papà è ormai solo un’ombra lontana, lui mi sorride beato e l’onda mi si è schiantata addosso nell’attimo in cui mi sono svegliato.
Rimasi stordito da tante emozioni assorbite tutte assieme e da quel momento decisi che i sogni sarebbero diventati il mio terreno di caccia preferito. I sogni sono dei ricordi al quadrato, delle memorie iperboliche in cui la vita si intreccia alle aspirazioni, il vissuto al desiderio, il passato al futuro, voluto o temuto che sia.
Chissà se avrei mai potuto imparare a riconoscere anche i ricordi che venivano dal futuro. C’è chi è convinto che siano possibili e che possa crearsi in qualche modo un legame tra quello che sarà e quello che è stato. Quando ciò avviene è come se un nostro io futuro battesse sulla spalla di quello presente dicendogli “ehi, occhio, qui c’è qualcosa cui devi fare attenzione!”.
Come adesso, chissà a cosa dovrebbe fare attenzione quest’uomo che sembra svegliarsi proprio ora accendendo la luce in fondo al corridoio. Il suo ricordo sembra però essere tra i più intensi che io abbia mai sentito, si direbbe uno di quelli di cui è poi difficile liberarsi nel corso di tutta una vita. Sono arrivato forse finalmente al ricordo definitivo?
5. Andrea
Ancora questo incubo che mi fa sussultare ogni volta nel cuore della notte. E’ terribile doversi svegliare tutte le volte con questa angosciante sensazione di ineluttabilità, con questo terrore di fare qualcosa di irreparabile, con questo senso di morte che mi schiaccia. Ma… ma cos’è questo rumore, c’è qualcuno… chi c’è là in fondo al corridoio? fermi là, fermi sono una guardia giurata, sono armato… ma, ma… fermo ho detto, fermo! nooo!!!!
Un folle dagli occhi assatanati, le narici dilatate e le labbra arricciate in una smorfia di soddisfazione diabolica.
Un foro in fronte da cui sento uscire piano fino all’ultima goccia di memoria.