Gemma Bovery
Come non rimanere incuriositi, cercando un film da vedere, da un simile titolo, che strizza ironicamente l’occhio alla patetica e sfortunata eroina di Flaubert?
La lettura della sinossi e l’estratto del film sono stati altrettanto invitanti e la visione si è rivelata infine molto gradevole. E’ un film che consiglio, molto godibile anche per chi non conosce la trama del romanzo che riecheggia.
Gemma Bovery (2014) è tratto dall’omonimo romanzo di Posy Simmonds, che narra la storia di una coppia inglese che va a vivere in Normandia, là dove Flaubert ha ambientato Madame Bovary.
E’ una commedia in cui la regista Anne Fontaine dà vita a una serie di personaggi disegnati in modo molto divertente, giocando sulla caratterizzazione di inglesi e francesi e anche con tutta una serie di rimandi e allusioni più o meno esplicite agli eventi e ai personaggi del quasi omonimo romanzo di Flaubert.
Protagonista e narratore è Martin (Fabrice Luchini), parigino trasferitosi in Normandia, dove ha ripreso la panetteria del villaggio un tempo gestita dal padre. E’ qui che un giorno fa la sua comparsa una coppia di inglesi dai nomi decisamente evocativi, soprattutto per lui, appassionato di letteratura e di Flaubert in particolare: Gemma (Gemma Arterton) e Charlie Bovery (Jason Flemyng).
Affascinato dalla bella inglese inizia a seguire in modo sempre più ossessivo le vicende dei vicini di casa, che gli appaiono da subito stranamente omologhe a quelle che la povera Emma si trova a vivere circa 150 anni prima.
Il carattere un po’ remissivo di Charlie (che è vedovo) e la relazione di Gemma con Hervé, giovane studente di diritto (come il Léon di Emma Bovary) accomunano in modo singolare le due storie, ma ci sono anche altri dettagli che rievocano le pagine del celebre romanzo ottocentesco, come le passeggiate per la campagna in compagnia della cagnetta, i debiti cui la coppia deve far fronte, l’arsenico del veleno per topi da cui costantemente Martin la mette in guardia e persino il “castello” in cui il fantasioso panettiere riesce a immaginarsi il fatidico ballo che tanto si era insinuato nel cuore di Emma, quella vera.
Ma chi è la vera Emma? E soprattutto, chi davvero soffre di bovarismo tra i personaggi della fiction cinematografica? Chi si trova immerso in quello stato di insoddisfazione sul piano affettivo e sociale che si traduce in ambizioni vane e sproporzionate e nella fuga in un mondo immaginario e romanzesco?
Non Gemma, che sembra sfiorare la vita con una leggerezza lontana mille miglia dal bisogno tormentato di Emma di vivere ogni volta qualcosa che non ha. Le somiglianze tra le vite delle due quasi omonime sembrano essere infatti tutte superficiali e si fermano a avvenimenti solo apparentemente simili che alla fine suonano come ironiche coincidenze nello sfilare delle loro vite così lontane.
E’ Martin piuttosto ad avere un profondo bisogno di dipingere la vita del piccolo villaggio di provincia a tinte un po’ più forti di quanto non lo sia la sua esistenza vagamente sbiadita. Lui stesso si presenta in una sorta di prologo come ormai disincantato di fronte alla realtà di quella campagna che immaginava ben più idilliaca e da cui trova una via di fuga solo nei suoi romanzi e nel fantasticare sulla vita, non sua ma degli altri.
E’ lui infine a ricreare, osservandola e persino intervenendo in essa (in mancanza di lettera di addio come quella di Rodolphe a Emma sarà lui a falsificarne una a nome di Hervé), la trama della novella Mme Bovary, che avrà una fine altrettanto tragica della sua antesignana.
Sarà proprio quella fine a sottolineare una volta di più le profonde differenze tra le due donne: Gemma non decide della sua morte ed è solo un bizzarro destino manovrato involontariamente dai tre uomini che la amano a trascinarla con sé.
Un film a mio avviso piuttosto riuscito, dall’atmosfera coerente e dai personaggi compiuti, una specie di favola un po’ tragicomica in cui il sorriso prevale sulla drammaticità dell’esistenza.
Su tutta la vicenda lo sguardo di Gus, il “bastardo indifferente”, come lo chiama Martin: il suo cane, che osserva senza farsi troppe domande il concatenarsi deterministico degli eventi.