Architecture,  Travel

Pont du Gard

Quando si arriva sul sito del Pont du Gard non si può che restare stupefatti. E questo prima ancora di riflettere sulla sua antichità, sulla grandezza ingegneristica dei Romani che lo costruirono, sulla cultura e la civiltà vecchie di millenni che abitarono anche questi luoghi.
E’ che l’architettura del ponte e tutto il sito sono proprio belli.
L’acquedotto romano, perfetto e maestoso nelle sue arcate sovrapposte così armoniose e grandiose, è con i suoi 49 metri il più alto del mondo e l’unico che mantenga ancora intatti i tre piani di archi sovrapposti.

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Costruita verso il 50 d.C., quest’opera colossale fu terminata in soli 5 anni e fornì l’acqua corrente alla città di Nîmes per ben 5 secoli. La città aveva all’epoca 20.000 abitanti e conobbe grazie a questa realizzazione un nuovo prestigio: fontane, terme, acqua corrente nelle dimore dei ricchi e salubrità delle strade, tutti servizi che la rendevano simile alla grande capitale.
Grazie a una pendenza media minima (25 cm/km) l’acquedotto portava fino a 40.000 m3 di acqua da una sorgente nei pressi di Uzès fino a Nîmes.

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La canalizzazione è sotterranea per il 90% del suo percorso; erano 19 le costruzioni in superficie, alcune delle quali ancora visibili lungo i 50 km di percorso dalla fonte alla città.

Il Museo che sorge sul sito unisce ricostruzioni a scala reale a ambientazioni virtuali ricreate con l’ausilio di audio e video che, assieme all’ambientazione suggestiva e alle dettagliate spiegazioni, trasformano la visita in un viaggio piuttosto immersivo negli usi e costumi dell’antichità romana, nonché nelle loro conoscenze tecniche.

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Davvero curata l’ambientazione, luci, suoni, immagini e oggetti sono lì per farci tornare indietro di un paio di migliaia di anni facendoci rivivere un po’ la vita dei nostri antenati.  

I locali del museo ospitano anche esposizioni temporanee. Fino al 31 maggio si può visitare “Un monde de fracture”, di Edouard Elias, un’esposizione fotografica che ruota attorno alla legione straniera con la quale il fotografo, originario della regione, è partito nell’Africa centrale.

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Sul sito è allestito anche un percorso ad anello chiamato “Chemin de garrigue” che, attraversando la vegetazione tipica della Provenza (Garrigue è quell’ambiente a metà strada tra la prateria e il bosco, caratterizzato tra gli altri da ginepro, caprifoglio, timo), permette anche di scoprire le opere attraverso le quali l’uomo ha segnato il territorio, costruendo muri in pietra secca, coltivando il grano o l’olivo, sfruttando la quercia o facendo pascolare le pecore.

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