Festos
Le rovine di Festos si trovano a circa 6 chilometri da Matala. Anche se qualche dubbio sul fatto che da quelle parti ci sia una piega nell’estensione spazio-temporale mi è venuta: ogni volta che ci si passa lo si fa per una strada diversa, quando segui le indicazioni per arrivarci la oltrepassi senza accorgertene e quando pensi di bypassarla te la trovi davanti (magari sul lato della strada opposto a quello che ti saresti aspettato).
Ma forse tutto ciò fa parte del fascino del luogo, uno dei siti più importanti della civiltà minoica, che ha dato alla luce reperti importanti e misteriosi come il famoso disco inciso con simboli indecifrabili.
Come per Knossos, i resti del palazzo di Festos appartengono all’epoca Neopalaziale, al periodo cioè successivo al grande terremoto avvenuto verso il 1700 a. C., ma vi sono anche tracce di costruzioni più antiche.
Gli scavi cominciarono alla fine dell’800 ad opera della Missione Archeologica Italiana. La struttura del palazzo richiama quella di Knossos con un cortile centrale, un corridoio processionale, una gradinata che serviva da seggi per il teatro, dei pozzi rotondi probabilmente utilizzati come magazzini.
A nord del cortile centrale si trovano gli appartamenti reali, dai pavimenti in alabastro e pareti affrescate. I reperti si trovano al Museo Archeologico di Iraklio.
Passeggiando per queste rovine, dalle quali si riesce a intuire qualcosa di questa grandiosa civiltà solo approfondendo autonomamente le proprie conoscenze, e probabilmente anche un po’ influenzata dalle ricostruzioni realizzate a Knossos da Evans (inglese lui e condizionato più dall’epoca che dalle origini, a dire il vero), non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa avrebbero fatto gli Americani in un posto così.
Sì, con tutta probabilità vi avrebbero costruito a fianco un parco a tema dal nome “Phaistos, the Experience” o qualcosa di simile. E alla fine penso che sarebbe stata cosa buona: la conoscenza è sempre più immediata e profonda quando è anche esperienziale.
Se poi è anche ludica e ti diverte pure, non può certo essere motivo di biasimo.
Ma forse noi europei abbiamo una a visione troppo astratta e lontana di ciò che è definito culturale.
E non sono affatto sicura che questo sia anche sinonimo di rispetto.