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Il Grand Canyon

Trovandocisi di fronte è facile capire perché il Grand Canyon sia considerato una delle più grandi meraviglie naturali al mondo.
Le dimensioni di questa incredibile formazione geologica sono spettacolari: la larghezza arriva fino a 29 km, con una misura media di 16 km tra la sponda nord e quella sud. La sua profondità è di 1,6 km e la sua lunghezza è di 446 km.

La storia del Grand Canyon comincia due miliardi di anni fa con la formazione di rocce ignee e metamorfiche nella parte più profonda, sulle quali si sono depositate, strato dopo strato, rocce sedimentarie.
Poi tra i 70 e i 30 milioni di anni fa, a causa dei movimenti delle placche tettoniche tutta la regione si è sollevata dando luogo al Colorado Plateau.
Infine, a iniziare da 5-6 milioni di anni fa il fiume Colorado ha iniziato a scavare la sua strada nelle rocce e l’erosione ha gradualmente aumentato l’ampiezza di quella che poco a poco è diventata la voragine che vediamo oggi, mettendone in luce i colorati strati rocciosi.

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Lo strato più superficiale e recente, il Kaibab Limestone si è formato in realtà sul fondo dell’oceano e si trova ora a 2700 metri di altitudine.
Il modo in cui l’altopiano si è sollevato fino a quell’altezza è tuttora motivo di studio; solitamente infatti in eventi di questo tipo gli strati rocciosi vengono fortemente deformati e schiacchiati durante il sollevamento, mentre in questo caso sembrano essersi sollevati rimanendo perfettamente piatti.

L’elevazione della regione provocò anche un aumento delle precipitazioni atmosferiche in tutto il bacino idrografico del Colorado, ma non abbastanza per salvare l’area dal diventare semi-arida. Infatti le frane e gli smottamenti causarono poi uno sprofondamento del letto stesso e la conseguente deviazione del corso del fiume, che aumentarono la profondità e la larghezza dei canyon, nonché l’aridità dell’ambiente.

L’innalzamento dell’Altopiano del Colorado è irregolare: la sponda settentrionale è più alta di circa 300 metri e questo fa sì che vi siano molte più precipitazioni; l’erosione a nord è dunque più marcata.

Gli strati geologici a partire dalla base (la Scisti di Visnhu) fino al più alto (il Calcare di Kaibab) rappresentano una varietà di formazioni geologiche incredibile, ed ospitano una grande diversità di biotopi.
La temperatura, che si alza incredibilmente mano a mano che si scende nel canyon, nonché, ovviamente, la presenza dell’acqua condizionano la vegetazione, che varia a seconda della profondità cui ci si trova, più ricca vicino alle rive del fiume Colorado.
Ci sono circa 12 specie di piante endemiche che crescono solo nel parco e oltre 1700 varietà diverse di piante, oltre 160 funghi e oltre 190 varietà di licheni.
Cactus, fiori selvatici, alberi, erbe, arbusti, funghi e licheni si trovano tutti a diversi livelli all’interno del canyon. Più alta è la quota, più l’ambiente si fa desertico; le piante tornano sugli altopiani sopra i 2000 metri, dove si trovano aree boschive di pino, mogano e rovere.
Anche la fauna è incredibilmente ricca: coyote, pipistrelli, scoiattoli, procioni, linci rosse, puma, castori e altri roditori, conigli e felini selvatici; aquile, condor, avvoltoi e falchi; rettili e pesci, alcuni molto rari e in via d’estinzione.


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Noi, dopo aver rinunciato all’escursione che porta al famoso Skywalk nella parte ovest del canyon, abbiamo alla fine deciso di arrivare fino al Visitor Center nei pressi di Tusayan. Da qui una serie di sentieri, percorribili a piedi o con una navetta apposita lungo il South Rim, portano a numerosi punti di osservazione da cui la vista è davvero spettacolare. 


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principali punti di osservazione – South Rim

Il più vicino al Visitor Center è il Mather Point, una terrazza con vista mozzafiato sull’immenso sistema di gole. Difficile, stando lassù, non sentirsi dei microbi di fronte alla grandiosità della natura!


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Presso il Yavapai Point c’è anche un museo in cui è spiegata la genesi geologica del Grand Canyon, con reperti e percorsi didattici.
Appositi binocoli permettono di vedere fino in fondo al Canyon, dove scorre il fiume e ammirare nei loro dettagli le varie concrezioni rocciose, che portano spesso nomi di immaginari templi e piramidi, a seconda delle forme che hanno preso grazie a millenni di erosione.


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Personalmente mi sono un po’ stupita della scarsissima presenza di protezioni attorno ai numerosi speroni rocciosi che si protendono verso la voragine. Certo, ci sono balconate protettive attorno ai punti di osservazione segnalati, ma in realtà tutte le sezioni di sentiero che costeggiano il bordo del Grand Canyon permettono agli escursionisti di spingersi in posizioni davvero da vertigine… mi sono chiesta come fosse possibile che non ci siano in continuazione incidenti con tutta la gente che visita il parco.


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La risposta l’ho trovata documentandomi per scrivere questa nota: dal 1870 ad oggi circa 600 persone vi sono morte, 242 essendo vittime di due incidenti aerei tragicamente conclusisi qui. Un centinaio sono riferibili invece a cadute o suicidi, gli altri a malori dovuti al caldo, alla disidratazione e via dicendo.


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(sì, anche qui)

Il punto più ad est, lo Yaki Point, è l’ideale per ammirarvi il tramonto: le ombre lunghe disegnano meglio le profondità e la luce calda mette ancora più in risalto le sfumature delle rocce.


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La luce lunare che segue è ancora più magica, cadendo morbida sulle rocce e sui sentieri del parco.


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5 commenti

  • anto

    ahaha!!! j’en avais trois! 😉 … mais à vrai dire il ne s’agit pas trop d’appareils de dingue, un reflex plutôt vieux (et que j’ai assez maltraité ces dernières années -en fait j’espère toujours que le père noël veuille me faire ce petit cadeau- 😉 ), et deux lumix, des compactes que j’ai prix d’occasion, mais auxquelles je peux appliquer les objectifs de ma nikon! En effet ce sont surtout les objectifs qui font la difference quand on prend des photos. Celles que j’ai publié ici son prises par un grand-angulaire (les panoramas) et par un téléobjectif 70-300 (les détails)… ah… j’avais aussi l’iPhone (jamais le sous-estimer celui-là.. eheh…)
    je suis contente que ça t’ait plu! bisous!

  • marco barsotti

    é il caso di sottolineare come il colorado fosse assolutamente invisibile: solo grazie ad un turista che lo ha indicato, e alla potenza del 300mm, é stato possibile avere la comferma che – si – c’é davvero un fiume li dentro.
    (e anche una canoa blu)