Instagrams de ma vie
Credo che ci siano almeno un milione di ragioni per cui una persona può decidere di voler fermare un istante in un fotogramma, che sia su supporto materiale o digitale, poco cambia.
Quello che conta è che alla base c’è l’esigenza di dire “stop, questo lo voglio fissare, per quanto può essere fattibile dalle possibilità mie e delle tecnica di cui posso usufruire”.
Penso che sia innanzitutto un’esigenza personale quella che spinge a fare clic, ma essendo il risultato immediatamente usufruibile anche a terzi è quasi scontato aggiungere che la seconda istanza ad entrare in gioco sia la condivisione.
Ho letto recentemente una considerazione riguardo ad Instagram da parte di chi si scagliava con termini piuttosto coloriti contro i suoi filtri che avrebbero la colpa di aggiungere i ‘difetti da pellicola’ a ciò che si è finalmente arrivati a produrre senza i medesimi.
Ora, a parte che credere che la pellicola possa essere la causa di difetti in fotografia significa non rendere omaggio a chi, sfruttando a proprio vantaggio proprio le possibilità date dalle imprecisioni di questo mezzo, è riuscito a dare vita a delle vere opere d’arte, io penso che nel caso degli scatti elaborati attraverso la piattaforma Instagram di tutto si possa parlare tranne che di ricerca della cosiddetta “perfezione dell’immagine”.
Sono scatti presi con l’iPhone (almeno per ora e fino a quando l’applicazione non sarà disponibile sulla piattaforma android).
Sono scatti presi per essere condivisi e proprio per questo il loro scopo non è quello di mostrare agli altri quanto si è bravi a prendere foto perfette dal punto di vista tecnico, ma al contrario, di aggiungere quanto più pathos possibile ad un’immagine che si vuole rendere disponibile agli altri.
Sono scatti fatti per comunicare.
E quando serve si comunica anche gesticolando.
Trovo la critica a questo mezzo vana e reazionaria.
E mi sono rotta di chi non sa fare altro che stizzirsi e indignarsi e non sa trovare godimento in nulla che lo circondi.
In ogni caso, per chi vuole approfittarne, posto qui sotto alcuni istanti della mia pausa pranzo di ieri. Mi rendo conto che non sono opere d’arte ma chi mi vuole un po’ di bene forse è contento di sapere quello che stavo vivendo in quei momenti.
(e comunque certi status di facebook hanno rotto, ci abbiamo messo tanto a dar vita a una lingua Italiana perfetta che dobbiamo proprio scrivere stronzate?)
2 commenti
marco barsotti
ma si, piu’ si senton di sinistra e alternativi piu’ questi qui che si indignano son conservatori e contro tutto cio’ che e’ nuovo.
E siccome sono contrari al nuovo pure quelli di destra (i conservatori) il risultato e’ evidente: l’italia va indietro, e lo fara’ sempre piu’ velocemente.
(ps: piu’ che pausa pranzo sembrerebbe una pausa bagno!)
anto
io direi una “pausa azzurro” …. azzurro, azzurro carico, azzurro esagerato perché non c’è filtro che possa rendere quanto fosse azzurro il mare e quanto fosse azzurro il cielo ieri.
Proprio ieri e proprio lì.