Fotografare la bellezza: La Prioria del Vittoriale
Del Vittoriale degli Italiani -la dimora di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, sul lago di Garda- avevo ampiamente parlato qualche anno fa. Raccontando prima la storia del suo acquisto, ristrutturazione e donazione agli Italiani qui e cercando poi di descrivere le stanze della Prioria, la sua abitazione privata, qui.
Al suo interno è vietato fotografare, soprattutto per motivi di sicurezza, essendo la casa ricchissima di oggetti molto preziosi (normalmente il giro delle stanze viene fatto per gruppetti piccolissimi e sotto stretto controllo di una guida) ma anche per quell’assurdo principio tutto italiano per cui il vietare le cose è prioritario, spesso auspicabile a prescidere e quasi sempre più facile di qualunque altra soluzione.
Su iniziativa della rivista Fotografia Reflex e del direttore del Museo del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, è stato dato seguito a un’esigenza nata tra i lettori della rivista relativamente alla possibilità di fotografare l’arte nei luoghi ad essa deputati, i musei.
La giornata interamente dedicata a questa iniziativa è stata il 7 marzo scorso: il Vittoriale degli Italiani è stato sede prima di un’interessante conferenza di cui erano relatori il direttore di Fotografia Reflex Giulio Forti, la giornalista fotografa Claudia Rocchini ed altri esperti che hanno considerato il “diritto di fotografare l’arte” dal punto di vista legale e pratico. In esguito si è passati all’azione.
L’iniziativa è stata sponsorizzata dalla Nikon che ha messo le 3 fotocamere al top della gamma (la D700, la D3S e addirittura la D3X) a disposizione di 12 fotografi selezionati per fotografare in esclusiva le stanze che furono abitate dal poeta guerriero.
Io ero tra questi. Ho avuto occasione di visitare il Vittoriale numerose volte, la più intensa delle quali accompagnata da un professore delle superiori, il prof. Melotti, incredibilmente appassionato del genio di D’Annunzio. Tutte le guide incontrate lunedì scorso se lo ricordavano come “il professore di Rovereto che arrivava ogni volta estasiato, accompagnava piccoli gruppetti di studenti e chiedeva di poter fare la visita senza la guida, oscurando ancor più le finestre delle stanze”; fedele fin nei dettagli nel ricreare l’atmosfera che più si confaceva allo spirito del poeta, che soffriva di fotofobia e mal sopportava la luce del sole.
E tutte le volte che l’ho visitato rimpiangevo di non poter fissare in qualche scatto l’eccentricità di quelle stanze, le immense collezioni di oggetti, libri e feticci del poeta; l’atmosfera che regna nella casa, la sua ricchezza di significanti e la pluralità di significati. Con l’illusione forse di poter ricostruire, attraverso la moltitudine di particolari che abitano quelle stanze, la personalità così complessa di Gabriele D’Annunzio.
Questa sicuramente non potrà mai risultare da un collage di fotografie, in ogni caso quelle che ho fatto in questa occasione sono qui. In ognuna di esse qualcosa del poeta probabilmente c’è.
Cerco di seguire l’ordine cronologico della visita che normalmente si snoda attraverso stanze buissime, spesso di dimensioni ristrette e stracolme di oggetti, cominciando dall’anticamera dedicata a Mussolini: la Stanza del Mascheraio. L’iscrizione sopra lo specchio invita l’ospite in attesa ad aggiustarsi la maschera ma soprattutto a ricordare che è solo “vetro contro acciaio”.
La prima stanza è la Stanza della Musica, interamente rivestita di tendaggi per motivi acustici e volutamente lasciata nell’ombra per favorire la concentrazione; è illuminata da lampade a forma di zucca e cesti di frutta di vetro di Murano, con finestre d’alabastro, da cui la luce filtra appena.
La Zambracca è la stanza dove il poeta morì, una sorta di guardaroba, con annessa farmacia, ricca di oggetti simbolici, come i calchi di opere di Michelangelo, che era uno degli ispiratori della sua arte.
La Stanza del Mappamondo è una delle più grandi biblioteche del Vittoriale:
La stanza da letto, o Stanza della Leda, che prende il nome dal mito di Leda amata da Zeus trasformatosi in cigno. In essa non entra la luce diretta del sole che è appositamente schermata dalla veranda dell’Apollino.
Il bagno blu, con oltre 600 oggetti di colore blu e verde.
La Stanza del Lebbroso, dove la simbologia religiosa che pervade tutta la Prioria tocca il suo livello più elevato: pensata come camera ardente era il luogo dove D’Annunzio si ritirava a meditare sulla morte. Il letto ha al tempo stesso la forma di una culla e di una bara, simbolo di fine e contemporaneo inizio a nuova vita.
Attraverso il Corridoio della Via Crucis si arriva alla Stanza delle Reliquie e all’Oratorio Dalmata
Al piano superiore lo Scrittoio del Monco, dove il poeta sbrigava la corrispondenza, chiamata ironicamente così per l’impossibilità di rispondere a tutte le lettere che gli arrivavano.
L’Officina, lo studio dove D’Annunzio si ritirava a creare le sue opere, al quale si accede da una porta bassissima che costringe ad inchinarsi all’arte; è l’unica stanza in cui la luce può entrare liberamente.
Una statua velata raffigurante il volto di Eleonora Duse ricorda l’importanza di questa artista nella vita e nell’ispirazione del poeta.
Infine la sala da pranzo, la Stanza della Cheli, così chiamata per la tartaruga morta per indigestione che campeggia, trasformata in bronzea scultura, come monito alla moderazione per i commensali.
Gabriele D’Annunzio era estremamente affascinato dalla nascente arte della fotografia.
Credo che questa iniziativa sia anche un magnifico omaggio al suo genio.
2 commenti
marco barsotti
Non ci sono parole.
Anzi, si: occorre ritrovare quelle che il maestro scrisse al suo fotografo….ora le cerco.
marco barsotti
Come potrò io ringraziarla di queste
tante belle immagini che Ella mi dona,
mio caro amico? Vorrei conoscere la
magia novissima con cui Ella riesce a
compiere il veloce prodigio serrando
uno spirito di sole nella piccola nera
prigione di metallo e di cristallo. La
macchina che prima non era atta se
non alla rappresentazione brutale della
realtà è oggi divenuta nelle Sue mani
uno strumento di infinita delicatezza
poetica. In uno di questi volti, specialmente, sembra ch’Ella abbia tratto alla
superficie la grazia stessa dell’anima e
ve l’abbia resa visibile. Grazie per questo inatteso piacere, o artefice della luce e dell’ombra”
Il suo Gabriele d’Annunzio – La Capponcina, novembre 1906”ù
Lettera a Mario Nunes Vais, footografo
ufficiale di d’Annunzio e suo caro amico