Giulio Cesare Ricci, That is (ovvero il) Top Audio Show
In september there’s a reason to be in Milan: TopAudioVideoShow.
Born when “official” SIM (“salone italiano della musica” @Fiera milano) was still alive (but this is another story), it is the place to be to listen to some music in the best possible fidelity, and enjoy top-class speeches.
To tell about it all would take too much time, but at least one personaggio has to be described: Giulio Cesare Ricci.
Top guest at Sonus Faber, and introduced by the engineer that created the incredible liuto-shaped loudspeaker that can be seen here:
Mr. Giulio Cesare gave us the opportunity to listen to some very classical italian artists (Ornella Vanoni, Paolo Conte, Pino Daniele) in a new way.
It’s not only technical. Ok, the recording was “pure analogue”, the cutting was pure analogue, there’s no sign of digital-anything in his disks.
But it cannot be only a technical thing. The sound and the emotions that came out of this vinyl+valve amplifier+sonus faber loudspeaker was a labor of love.
And labor of love is each and every creation of him—but only for 496 enthusiast each time (no more than 500 copies of every recording!).
And after all, to tell about Giulio Cesare is best to leave it to him with this short video and an excerpt from his website:
Il mio sogno
Il mio sogno è sempre stato quello di incidere il suono del silenzio e nel silenzio trovare il respiro della vita.
Registrare i pensieri, le emozioni del pubblico, mi avvicina a questo.
Il problema non è rendere la percezione spaziale, la profondità, l’origine del suono… tutto questo è bello, anche emozionante, ma non commovente.
Rendere il profumo delle sale da concerto, la concentrazione di chi esegue e di chi ascolta, è commuovere.
Se pensassimo che registrare è rendere la realtà seguendo canoni oggettivi e assoluti, allora avremmo sbagliato tutto.
Io quando registro adopero il mio gusto che non obbedisce solo a quello che gli viene dall’orecchio ma anche e soprattutto a ciò che gli arriva dall’anima e dal cuore.
Posizionare i microfoni è per me un rito sacro e diabolico, in una parola, esoterico.
Devo trovare, so che esiste e so che mi aspetta, quel fazzoletto d’aria dove tutto l’ambiente risuona.
Misuro con gli occhi e le orecchie le altezze, valuto i materiali, accordo, come un liutaio, uno strumento gigante come una chiesa, un teatro, una sala da musica.
Se c’è, il pubblico è una straordinaria trappola acustica: tutto è più bello quando i corpi e i volti di centinaia di persone sono presenti, il suono si linearizza. Se potessi, registrerei i corpi! Dopo, due, tre, quattro microfoni, in alto, più in basso, a destra, no, a sinistra…; ogni volta le condizioni mutano e tutto è da reinventare, anche il “punto dell’emozione”.
I microfoni sono esattamente là dove sono stati chiamati; io devo stare attento alle belle donne, ai musicisti, ai loro stati d’animo, ricordare i sapori… poi sommare tutto lì, in quel “punto”.
La realtà non esiste di per sé, ma solo nelle nostre sensazioni.
In verità, io registro le mie sensazioni.
Ho creato fonè come omaggio alla musica e a tutti coloro che la amano.