Ben-Hur (1959)
Ben-Hur, a Tale of the Christ inizia con l’arrivo del Magi alla grotta di Betlemme e termina con la crocifissione di Cristo. Nello spazio di tempo della vita di Cristo (che compare altre tre volte nel film senza mai essere inquadrato in viso e che interviene salvando la vita dello stesso Giuda Ben Hur e delle di lui madre e sorella) si intrecciano le esistenze di due amici di infanzia: il giudeo Giuda Ben Hur e il romano Messala. L’antica fraterna amicizia tra i due crolla per colpa dell’ambizione senza scrupoli del romano che riesce a vendicarsi condannando il giudeo alla schiavitù sulle galee. La sua prigionia termina dopo una battaglia navale in cui riesce a salvare il console romano Quinto Arrio che per riconoscenza lo porta a Roma e lo adotta come figlio. Assillato dal pensiero della sorte della madre e della sorella decide di tornare in patria, dove ritrova la donna che ama, Ester.
A Gerusalemme avrà luogo la celeberrima “corsa con le bighe” (in realtà quadrighe), vinta da Giuda, che riesce ad avere la meglio sul crudele e infido Messala. Prima di morire questi gli rivela che la madre e la sorella sono ancora vive ma relegate nella valle dei lebbrosi.
Il film termina con la guarigione di queste ultime ad opera del Messia, incontrato durante la salita al Golgota.
Prossima al fallimento la MGM puntò tutto su Ben Hur , rifacimento di un film degli anni 20, adattamento di un romanzo pubblicato nel 1880 da un eroe della guerra civile, il generale Lew Wallace. Scommessa vinta: il lungometraggio di quasi 4 ore ottenne un successo mondiale facendo resuscitare la MGM. �
Prodotto da Sam Zimbalist Ben Hur possiede tutte le caratteristiche canoniche dei film di questo genere: manicheismo del soggetto, approccio sontuoso, eroi inverosimilmente virtuosi, conversioni, forze soprannaturali e migliaia di comparse.
Willyam Wyler decise di affidare il ruolo di protagonista a Charlton Heston; la sceneggiatura, scritta da Karl Tumberg, fu inizialmente così orribile e deprimente da costringere Wyler a chiedere l’intervento di tre penne illustri, Christopher Fry, Maxwell Anderson e, soprattutto, Gore Vidal, i quali, cestinando l’originale, riscrissero daccapo l’intera sceneggiatura. Le riprese del film durarono circa un anno, non senza travagli e momenti di panico totale, in particolare per la scena della corsa delle bighe. In questa situazione di caos indescrivibile trovò la morte il produttore Sam Zimbalist, stroncato da infarto probabilmente causato dallo stress emotivo portato dai continui accadimenti.
ll film è strutturato su cinque sequenze memorabili: i forzati ai remi, la battaglia navale e, naturalmente, la famosissima corsa delle bighe; più avanti la scena del lebbrosario e quella della Via Crucis.
La corsa delle bighe è la sequenza più famosa della storia del cinema; 32 minuti senza interruzione, che per una scena d’azione costituisce un record. Occorsero tre mesi per completarla.
Per la prima volta in un film s’incominciano a vedere effetti truculenti come sangue, braccia e gambe mozzate. La sequenza della caduta dalla biga di Charlton Heston, o meglio del suo stuntman è reale, frutto di un incidente che nel suo sviluppo dava un’impressione visiva notevole, tale che infine fu deciso di inserirla nel film.
La battaglia navale fu girata in interni nelle due piscine di Cinecittà, con appropriato uso di modellini in scala.
II linguaggio visivo e verbale del film è quello del kolossal, che più che un genere è un insieme di mezzi espressivi tutti orientati verso l’iperbole, sia essa visiva, linguistica o concettuale; naturale quindi che i dialoghi ci appaiano oggi retorici. A questo proposito va rilevato che lo sceneggiatore Gore Vidal, gay dichiarato, ha avuto modo di inserire una parentesi trasgressiva tratteggiando il rapporto di amicizia virile di Messala con Ben Hur quasi come una relazione omosessuale più o meno esplicita. Gli interpreti (ci sono anche in piccoli ruoli Marina Berti, Giuliano Gemma e Lando Buzzanca) sono tutti perfetti, la protagonista femminile, l’attrice israeliana Haya Harareet, sconosciuta ai più prima di questa interpretazione, si contrappone a Heston con eleganza .
La colonna sonora di Miklòs Ròzsa, asse trainante del film, consta di tre ore di musica, settantaquattro temi, quattro marce, innumerevoli fanfare, oltre due anni di tempo occorsi per completarla. Nel film, soltanto ventisette minuti, su oltre tre ore e mezzo, sono privi di musica e si riferiscono alla famosa sequenza della corsa delle bighe, sviluppata senza alcun commento musicale proprio per dare maggior valenza alle immagini trascinate soltanto dagli effetti sonori.
La retrospettiva Bigger than Life, dedicata ai film in 70 mm in Arcadia a Melzo, si conclude domani sera con Playtime di Tati…. ma noi gettiamo la spugna: i chilometri macinati nel giro di una settimana a questo punto sono davvero tanti!
Grazie alla famiglia Fumagalli e al suo amore per il Cinema per averci dato la possibilità di assistere a questi capolavori nella loro Cattedrale!
3 commenti
marco(a)
SPLENDIDO in 2:60 : 1 !
e anche memorabile.
anto
quasi dai…. (la proporzione, intendo….)
🙂
Apolline
Magnifique film en effet … Tu as de la chance de l’avoir revu en salle. Bisous.