Il Vittoriale – parte seconda: la casa di D’Annunzio
LA PRIORIA
La casa dove Gabriele D’Annunzio visse gli ultimi anni della sua vita è denominata così dal 1922 secondo una simbologia conventuale che caratterizza molte parti del Vittoriale. Abitata fino al 1914 dallo storico dell’arte tedesco Henry Thode, l’antica facciata venne trafìsformata da Maroni dal 1923 al 1927 con l’inserImento di stemmi, lapidi e frammenti di provenienza antiquariale. Al cemtro della facciata un araldico levriere illustra il motto d’annunziano “né più fermo né più fedele”
L’anticamera è chiamata Stanza del Mascheraio dall’iscrizione su uno specchio: dei versi dedicati a Mussolini, che ricordano la debolezza di colui che si compiace delle proprie maschere.
Una delle prime sale è quella della Musica, molto suggestiva: illuminata da lampade a forma di zucca e cesti contenenti frutta in vetro di Murano è interamente rivestita di damaschi neri e argento. Contiene due pianoforti e numerosi strumenti musicali, oltre alla miriade di oggetti, che caratterizza gli arredi di tutte le stanze e che testimonia del sincretismo culturale e artistico tipico del collezionismo dannunziano.
stanza della musica
Si passa poi per la sala del Mappamondo, una delle più grandi biblioteche del Vittoriale, colma di oggetti evocativi, calchi michelangioleschi e un’incisione raffigurante Dante (i due capisaldi culturali di D’Annunzio) e attraversando la Zambracca, il suo studiolo privato, si arriva alla camera da letto: la stanza della Leda, nella quale non entra la luce diretta del sole, che venne appositamente schermata dalla costruzione della veranda dell’Apollino.
veranda
Il bagno blu è sorta di prezioso scrigno nel quale si trovano oltre 600 oggetti i cui toni dominanti sono il blu e il verde.
bagno blu
bagno
Seguono poi la stanza del Lebbroso, concepita come stanza funeraria, la stanza delle Reliquie, la stanza del Giglio, e l’oratorio Dalmata, che è la sala d’aspetto per i pochi visitatori ammessi nella Prioria.
oratorio dalmata
Al piano superiore la stanza del Monco, ovvero la saletta dedicata alla corrispondenza, chiamata ironicamente così per l’impossibilità da parte del poeta di rispondere a tutte le lettere inviategli.
L’Officina, ovvero lo studio del poeta, è l’unica stanza in cui entra liberamente la luce del giorno. E’ arredata con mobili chiari semplici e funzionali; ad essa si accede passando sotto un basso architrave che costringe ad inchinarsi per entrare.
officina
Infine la Stanza della Cheli: è la sala da pranzo, ultimata nel 1929, deve il suo nome alla tartaruga morta per indigestione di tuberose, il cui carapace, trasformato in bronzea scultura, campeggia come monito sulla mensa, arricchita da ua fastosità di sapore orientale e bizantino.
I vividi colori azzurro e oro, la lacca rosso fuoco , le vetrate ad imitazione dell’alabastro ne fanno l’ambiente più compiutamente déco della casa.
stanza della cheli
4 commenti
{天使}
[this is good] wonderful photos as usual
marco(a)
Quanti oggetti in quella casa! Ciascuno un ricordo, o forse un’avventura.
anto
thank you! 🙂
anto
sì, senza dubbio un’avventura…. 🙂